Cade dopo appena 14 ore il governo di Sebastien Lecornu. Il premier francese, ex ministro della Difesa nominato da Emmanuel Macron nel tentativo di uscire dalla crisi politica, ha rassegnato questa mattina le dimissioni di fronte alla certezza di una mozione di censura immediata. Un esecutivo fantasma, mai arrivato in aula, che entra nella storia come il più breve della Quinta Repubblica e lascia il presidente da solo nell’occhio del ciclone istituzionale.
La composizione del governo, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale ma mai operativa, si limiterà ora alla gestione degli affari correnti in attesa di una soluzione che appare sempre più lontana. Il Consiglio dei ministri previsto per le 13 di oggi è stato annullato prima ancora di iniziare, suggellando il fallimento di un tentativo nato già condannato.
Lo scoglio costituzionale su cui si è infranta la navigazione di Lecornu porta il numero 49.3: l’articolo della Costituzione che consente all’esecutivo di approvare la legge di bilancio senza voto parlamentare, ma che espone automaticamente il governo a una mozione di sfiducia entro 24 ore. Una trappola mortale in un’Assemblea Nazionale frammentata e ostile, dove destra e sinistra avevano già affilato le armi per censurare l’esecutivo al primo passo falso.
Nel suo breve discorso da Matignon, Lecornu ha denunciato l’esistenza di una “censura preventiva” che gli ha reso impossibile esercitare le funzioni di premier. Ma ha riservato critiche ancora più dure ai partiti, accusati di “comportarsi come se avessero tutti la maggioranza assoluta, pretendendo di realizzare l’intero proprio programma” e di pensare “alle prossime elezioni presidenziali piuttosto che ai cittadini francesi”.
L’ultradestra del Rassemblement National di Jordan Bardella e Marine Le Pen ha già chiesto a gran voce il ritorno alle urne, presentandolo come l’unica ricetta possibile per garantire “stabilità” al Paese. Una posizione che nasconde il calcolo elettorale di un partito in crescita nei sondaggi e desideroso di capitalizzare il caos istituzionale.
Di segno opposto l’appello dei Républicains, che invitano Macron – determinato a portare a termine il mandato fino al 2027 – a “governare” trovando una formula di compromesso. Una richiesta che suona però come un ultimatum dopo le tensioni degli ultimi giorni: i Républicains pretendevano un terzo dei dicasteri e avevano minacciato l’uscita dalla coalizione, nonostante la conferma di Bruno Retailleau agli Interni.
La sinistra ha assunto una posizione attendista ma non meno esigente. Il Partito Socialista auspica la nomina di un proprio esponente a Matignon come unica possibile “saldatura parlamentare”, forte del peso dei suoi deputati che volevano a tutti i costi un dibattito almeno sulla riforma delle pensioni. La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon ha proposto un incontro serale per discutere “tutte le ipotesi sul tavolo”, mantenendo aperta la porta a scenari ancora indefiniti.
Ora la palla torna all’Eliseo, che finora si è limitato a un laconico comunicato per annunciare l’accettazione delle dimissioni. Macron si trova di fronte a un bivio cruciale: tentare nuovamente di lanciare un candidato capace di tessere un compromesso – giocando eventualmente la carta rischiosa della coabitazione con la sinistra – oppure cedere alle pressioni per elezioni anticipate, con il pericolo concreto di vedere trionfare l’ultradestra.
Il fallimento di Lecornu segna un precedente storico: mai nella Quinta Repubblica un premier era caduto prima di presentarsi all’Assemblea Nazionale. Le 14 ore e due minuti dalla nomina dei ministri alle dimissioni polverizzano il record negativo di Henri Queuille nel 1950, che durò due giorni. Un governo che non ha mai celebrato un Consiglio dei ministri e che rappresenta il simbolo di una crisi istituzionale senza precedenti.
La Francia si ritrova in un limbo politico mentre le sfide economiche e sociali premono. La legge di bilancio resta in sospeso, i mercati osservano con preoccupazione e l’Europa guarda con apprensione alla paralisi del suo secondo Paese per importanza economica. Per Macron, il tempo per trovare una via d’uscita si fa sempre più stretto.