Gaza, fragile tregua dopo i raid israeliani. Trump: “Colpa di ribelli, non di Hamas”. Piano da 50 miliardi di dollari per la ricostruzione
L’IDF annuncia il ritorno al cessate il fuoco seguito a una giornata di attacchi, mentre una delegazione americana d’alto rango arriva nel paese per consolidare l’accordo e discutere la ricostruzione
Dopo una giornata di intensi raid aerei israeliani in risposta a presunti lanci di razzi, è stato ristabilito il cessate il fuoco a Gaza. L’annuncio è giunto dall’esercito israeliano, mentre il presidente Trump e i suoi inviati speciali lavorano dietro le quinte per consolidare la tregua e gettare le basi per una ricostruzione che potrebbe superare i 50 miliardi di dollari.
L’esercito israeliano (IDF) ha dichiarato, nella serata di ieri, di aver ripristinato il cessate il fuoco a Gaza. La decisione è arrivata al termine di una giornata segnata da “decine di attacchi significativi” condotti contro obiettivi di Hamas, definiti come una risposta a violazioni della tregua da parte del gruppo militante palestinese. Le operazioni sono state autorizzate dai vertici politici israeliani, in un’escalation che aveva fatto temere il collasso completo dell’accordo di tregua.
“In conformità con la direttiva dei vertici politici, e a seguito di una serie di attacchi significativi in risposta alle violazioni di Hamas, l’Idf ha iniziato la rinnovata applicazione del cessate il fuoco”, si legge in una nota ufficiale. Le forze armate israeliane hanno inoltre avvertito che “continueranno a sostenere l’accordo di cessate il fuoco e risponderanno con fermezza a qualsiasi violazione di esso”.
Le dichiarazioni di Trump e la pista dei “ribelli”
La riconferma del cessate il fuoco è giunta anche dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, a bordo dell’Air Force One. Intercettato dai giornalisti, Trump ha fornito una lettura significativa degli eventi, suggerendo che la leadership di Hamas potrebbe non essere direttamente responsabile delle violazioni. Il presidente ha invece indicato la responsabilità di “alcuni ribelli interni”, sollevando interrogativi sulle dinamiche di potere all’interno dell’enclave palestinese. “Ma in ogni caso, la situazione sarà gestita correttamente, con durezza, ma correttamente”, ha assicurato Trump.
Una tregua tra “alti e bassi” e la sfida della ricostruzione
Il quadro diplomatico viene ulteriormente delineato dalle parole del vicepresidente americano, JD Vance. Parlando con i cronisti, Vance ha ammesso che il percorso verso la pace non sarà lineare. “L’accordo di cessate il fuoco avrà ‘alti e bassi’”, ha affermato, “Hamas attaccherà Israele. Israele dovrà rispondere, ovviamente”. Nonostante questo, l’amministrazione statunitense crede che questo sia il percorso con le “migliori chances di raggiungere una pace sostenibile” nel lungo termine.
A supporto di questo sforzo diplomatico, è in corso una missione di alto profilo in Israele. Vance ha raggiunto l’inviato speciale per il Medio Oriente Steve Witkoff e il genero e consigliere di Trump, Jared Kushner, arrivati in mattinata nello Stato ebraico. La delegazione è attesa per una serie di incontri, incluso uno con il primo ministro Benjamin Netanyahu, per “far avanzare ulteriormente il cessate il fuoco”.
Proprio l’inviato Witkoff ha fornito alla CBS News una prima, colossale stima dei costi per la rinascita di Gaza: fino a 50 miliardi di dollari (circa 37 miliardi di sterline). “Potrebbe essere un po’ meno, potrebbe essere un po’ di più”, ha precisato, delineando una sfida economica senza precedenti. Una cifra che, peraltro, appare inferiore alle stime delle Nazioni Unite, che parlano di circa 70 miliardi di dollari necessari dopo due anni di guerra.
In un’intervista rilasciata qualche ora prima sempre alla CBS, Jared Kushner ha aggiunto un tassello cruciale alla strategia americana, collegando la ricostruzione di Gaza al più ampio processo di normalizzazione regionale di Israele. Kushner ha sottolineato che “Israele deve iniziare ad aiutare i palestinesi e a contribuire a migliorare la loro qualità di vita se vuole integrarsi pienamente in Medio Oriente”. Una visione che posiziona la stabilizzazione di Gaza come elemento cardine per il futuro assetto geopolitico dell’intera area.
