“Siamo molto vicini” a un accordo per porre fine alla guerra a Gaza. Con queste parole il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha alimentato le speranze di una svolta diplomatica, mentre in Egitto si svolgono colloqui indiretti cruciali tra Israele e Hamas. I negoziati, ripresi su impulso della Casa Bianca, puntano alla liberazione dei 47 ostaggi ancora nelle mani dei miliziani palestinesi e alla fine di due anni di conflitto devastante che ha provocato decine di migliaia di vittime nella Striscia.
Trump si è mostrato ottimista sui progressi dei colloqui, definendoli “molto positivi” e lodando persino la controparte Hamas per il suo comportamento al tavolo delle trattative. “Si sono comportati bene. Spero che continui così. Credo davvero che avremo un accordo”, ha dichiarato ai giornalisti. Il presidente ha però posto un ultimatum preciso: la prima fase del piano, quella relativa al rilascio degli ostaggi, deve completarsi entro questa settimana. “Non tollererò alcun ritardo”, ha ammonito.
Le trattative si tengono nella località turistica di Sharm el-Sheikh, alla vigilia del secondo anniversario dell’attacco senza precedenti del 7 ottobre, quando Hamas lanciò l’offensiva contro Israele che innescò l’attuale ciclo di violenza. Tel Aviv rispose con una massiccia campagna militare nella Striscia che ha ridisegnato drammaticamente gli equilibri della regione.
Il piano statunitense, annunciato il 29 settembre, prevede un cessate il fuoco immediato, il rilascio entro 72 ore dei 47 ostaggi ancora trattenuti, il ritiro graduale dell’esercito israeliano da Gaza e il disarmo di Hamas. Per dare impulso ai negoziati, Trump ha inviato in Egitto il suo inviato speciale Steve Witkoff e il genero Jared Kushner, figure chiave della diplomazia americana in Medio Oriente.
Secondo al Qahera News, emittente legata all’intelligence egiziana, le delegazioni stanno discutendo “la preparazione delle condizioni di base per il rilascio di detenuti e prigionieri”, mentre i mediatori egiziani e qatarioti lavorano per stabilire un meccanismo di scambio. I team tecnici si incontreranno nuovamente lunedì per definire gli ultimi dettagli operativi.
Le posizioni delle parti restano però distanti su punti cruciali. Hamas chiede a Israele di sospendere tutte le operazioni militari e la sorveglianza aerea sull’intera Striscia, oltre al ritiro completo da Città di Gaza. I miliziani palestinesi promettono in cambio di “cessare le loro operazioni militari”. Nella risposta al piano americano, Hamas non ha però menzionato la questione del proprio disarmo, punto chiave della proposta di Trump, insistendo invece sul “ritiro totale israeliano”.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha espresso sostegno al piano di Trump, ma ha avvertito che il suo esercito rimarrà nella maggior parte della Striscia di Gaza, di cui controlla attualmente circa il 75% del territorio. Una posizione che complica le prospettive di un accordo complessivo.
Nonostante le richieste di Trump per una interruzione “immediata” dei bombardamenti, l’esercito israeliano ha continuato i suoi attacchi su Gaza, uccidendo quasi 60 persone nelle giornate di sabato e domenica, secondo fonti palestinesi. Un segnale che la macchina bellica non si è fermata nonostante l’intensificarsi della diplomazia.
Il piano americano prevede inoltre che Hamas sia escluso da qualsiasi ruolo “nella governance di Gaza” e contempla l’esilio dei suoi combattenti. Se i negoziati dovessero fallire, “riprenderemo la lotta”, ha avvertito il Capo di Stato Maggiore israeliano Eyal Zamir, prefigurando un ritorno alla guerra totale.
Su Truth, il suo social network, Trump ha ribadito l’urgenza della situazione con toni drammatici. “Ci sono stati colloqui molto positivi con Hamas e con Paesi di tutto il mondo questo fine settimana per liberare gli ostaggi, porre fine alla guerra a Gaza ma, cosa ancora più importante, per cercare finalmente la pace in Medio Oriente”, ha scritto il presidente.
Trump ha sottolineato che i colloqui “hanno avuto molto successo e stanno procedendo rapidamente”, ma ha lanciato un monito severo: “Il tempo è essenziale o seguirà un enorme spargimento di sangue – qualcosa che nessuno vuole vedere”. Il presidente ha assicurato che continuerà a monitorare personalmente quello che ha definito un “conflitto secolare”, ponendo se stesso al centro dell’iniziativa diplomatica.
La Casa Bianca punta a chiudere la prima fase entro pochi giorni, un obiettivo ambizioso che richiederebbe una convergenza rapida su questioni complesse e divisive. Trump ha esortato tutti gli attori coinvolti ad “agire velocemente”, consapevole che ogni ritardo potrebbe far precipitare nuovamente la situazione.
In un gesto simbolico ma significativo, le famiglie degli ostaggi israeliani a Gaza hanno chiesto al Comitato norvegese per il Nobel di assegnare il premio Nobel per la Pace a Donald Trump. L’Hostages and Missing Families Forum, che rappresenta la maggior parte dei familiari degli ostaggi in Israele, ha inviato questa mattina una lettera al Comitato, che venerdì annuncerà il vincitore di quest’anno.
“In questo preciso momento, il piano globale del presidente Trump per liberare tutti gli ostaggi rimasti e porre fine a questa terribile guerra è sul tavolo. Per la prima volta da mesi, speriamo che il nostro incubo finisca finalmente”, scrivono le famiglie nella lettera. “Siamo certi che non si darà pace finché l’ultimo ostaggio non sarà riportato a casa, la guerra non sarà finita e la pace e la prosperità non saranno ripristinate per il popolo del Medio Oriente”.
Le famiglie hanno espresso gratitudine per gli ostaggi già restituiti grazie al cessate il fuoco mediato dagli Stati Uniti tra gennaio e marzo. “Fin dal momento del suo insediamento, Trump ha portato la luce nei nostri momenti più bui”, continua la nota. “Nell’ultimo anno, nessun leader o organizzazione ha contribuito alla pace nel mondo più del presidente Trump. Mentre molti hanno parlato con eloquenza di pace, lui l’ha raggiunta”.
Dal 2018, Trump è stato candidato più volte al prestigioso premio da diverse personalità negli Stati Uniti e da politici all’estero. A luglio, lo stesso Netanyahu ha proposto il leader americano per il riconoscimento, citando il ruolo degli Stati Uniti nella guerra tra Israele e Iran durata 12 giorni e il cessate il fuoco che vi ha posto fine. Alcuni osservatori ipotizzano che Trump si stia muovendo rapidamente anche per rafforzare le sue possibilità in vista dell’assegnazione del premio di quest’anno.