La portaerei USS Gerald Ford
La portaerei USS Gerald Ford e circa 4.000 soldati statunitensi sono in arrivo nei Caraibi la prossima settimana. Il consistente rafforzamento militare, vicino alle coste del Venezuela, sottolinea che soffiano sempre più forti i venti di guerra in Venezuela, dopo che gli Usa stanno mettendo insieme il più grande dispiegamento navale nella regione dalla crisi dei missili di Cuba nel 1962.
La Gerald Ford, la più grande portaerei della marina statunitense, sarà affiancata da tre navi da guerra aggiuntive, una flotta che comprende 15 unità tra incrociatori e cacciatorpedinieri equipaggiati con missili Tomahawk, un sottomarino nucleare e bombardieri strategici B-1 e B-52. A bordo della portaerei ci saranno 50 cacciabombardieri e circa 4.000 soldati. Un traghetto denominato MV Ocean Trader fungerà da base flottante per 159 incursori specializzati nelle operazioni in Sud America, mentre una task force dei Marines con 2.200 fanti e i loro veicoli d’assalto completerà la forza.
Sulle piste di Porto Rico sono pronti a decollare una decina di aerei da combattimento F-35 e una squadriglia di droni Reaper. L’insieme rappresenta il più grande dispiegamento navale Usa nella regione dai tempi della crisi dei missili di Cuba nel 1962. Secondo Ryan Berg, direttore del programma Americas presso il Center for Strategic & International Studies, la portaerei Gerald Ford potrà restare nei Caraibi per circa un mese, durante il quale si attende una decisione di rilievo della Casa Bianca su un possibile attacco.
Maria Zakharova, portavoce del ministero degli Esteri russo, ha definito “l’eccessivo uso della forza militare” statunitense una minaccia destabilizzante. Ha ribadito il sostegno di Mosca alla difesa della sovranità venezuelana e chiesto che i Caraibi restino una zona di pace.
Dmitri Peskov, portavoce del Cremlino, ha confermato un monitoraggio costante della situazione. Il Venezuela, dal canto suo, ha chiesto aiuto a Russia, Cina e Iran per affrontare la pressione americana.
Il presidente americano, tramite la piattaforma Truth, ha indirizzato un severo monito al governo nigeriano, annunciando la sospensione immediata degli aiuti nel caso in cui continuassero le uccisioni di cristiani. Ha avanzato la possibilità di un intervento diretto per neutralizzare i terroristi islamici. Pur negando piani di attacco contro il leader venezuelano Nicolás Maduro, l’enorme mobilitazione militare suggerisce una possibile escalation imminente.
Il dispiegamento nell’area segue una serie di raid Usa contro imbarcazioni sospette nel bacino caraibico, che hanno provocato almeno 61 vittime. Le azioni sono state autorizzate dal comandante in capo, comprendendo operazioni della Cia in territorio venezuelano.
Secondo il Wall Street Journal, esiste una lista di possibili obiettivi da colpire, tra cui porti e aeroporti sospettati di essere sotto il controllo di milizie e dell’esercito venezuelano in collaborazione con i cartelli della droga. Il segretario di Stato Marco Rubio ha definito il Venezuela un “narco-stato”, indicando che l’operazione mira a colpire le basi logistiche del traffico di stupefacenti.
L’Organizzazione delle Nazioni Unite ha condannato le azioni americane, definendole violazioni del diritto internazionale e omicidi extragiudiziali. Il dibattito si è esteso al Congresso Usa, dove esponenti di partiti diversi chiedono all’amministrazione chiarimenti sulle basi giuridiche degli attacchi.
La direttrice della National Intelligence Tulsi Gabbard sostiene che la strategia di “regime change” abbandonata da Trump non è ancora stata completamente superata. La storia recente del Sud America riporta però a numerosi interventi statunitensi controversi.
Gli Stati Uniti hanno posto una taglia di 50 milioni di dollari su Nicolás Maduro dopo che un tentativo fallito di corrompere il suo pilota per consentire la cattura è stato sventato.
Fonti vicine alla pianificazione militare americana indicano che si sta facendo largo la consapevolezza che Maduro potrebbe presto trovarsi in trappola, senza vie d’uscita. Alcuni generali venezuelani sarebbero pronti a collaborare con gli Stati Uniti. Nei prossimi giorni e settimane, la situazione in Venezuela potrebbe mutare rapidamente. L’attenzione resta alta sulla portaerei Gerald Ford, che segnerà i tempi e le scelte strategiche dei comandanti Usa nella regione.