Politica

Giappone nel caos: il governo Ishiba si sgretola dopo 70 anni di egemonia

Shigeru Ishiba, premier da appena pochi mesi, si ritrova con le spalle al muro. La sconfitta alle elezioni parziali per la Camera dei Consiglieri ha privato il governo della maggioranza parlamentare, trasformando quello che doveva essere un test di routine in un verdetto politico impietoso. I numeri sono spietati: il blocco Jiminto-Komeito, colonna portante della stabilità nipponica, ha ceduto terreno a forze emergenti come il populista Sanseito, segnalando un mutamento di umori nell’elettorato che non può essere ignorato.

Quattro ore di resa dei conti: la politica di palazzo mostra i denti

La riunione informale di ieri ha mostrato il volto più crudo della politica giapponese. Quattro ore di confronto serrato, durante le quali i capifazione hanno messo sul tavolo una richiesta tanto netta quanto devastante: le dimissioni del premier. Non si tratta di semplici schermaglie interne, ma di una resa dei conti che coinvolge l’intero establishment conservatore, costretto a fare i conti con un consenso in erosione e con sfide internazionali sempre più pressanti.

Il segretario generale Hiroshi Moriyama, navigato veterano della politica di palazzo, ha scelto la prudenza nel delineare i prossimi passi. Ma dietro le formule diplomatiche si nasconde una realtà inequivocabile: il partito che ha guidato il miracolo economico giapponese e ha plasmato l’identità post-bellica del Paese si trova a un bivio esistenziale. La “complessità” del processo di successione, evocata da Moriyama, è un eufemismo che nasconde calcoli feroci e alleanze in continua ridefinizione.

Ishiba ha promesso di spiegare le sue “ragioni” con “attenzione e sincerità”, ma le parole rischiano di suonare vuote di fronte alla matematica parlamentare. Il premier sa che il tempo è un lusso che non può permettersi: entro venerdì inizierà la sessione straordinaria della Dieta, teatro naturale dove si consumerà il suo destino politico. Nel frattempo, dovrà gestire dossier delicati come l’accordo commerciale con Washington e le commemorazioni di Hiroshima e Nagasaki, appuntamenti carichi di simbolismo in un momento di massima vulnerabilità.

Il paradosso del potere: governo senza maggioranza in un sistema blindato

La corsa alla successione è già iniziata, alimentata da quella rete sotterranea di relazioni che da sempre caratterizza la politica giapponese. Le fazioni del Jiminto stanno riposizionandosi, consapevoli che chi emergerà da questa crisi avrà il compito di ridefinire non solo la leadership del partito, ma l’intera traiettoria del Paese. Il paradosso è che, nonostante la perdita della maggioranza, il nuovo leader liberaldemocratico manterrebbe comunque la carica di primo ministro, forte della supremazia numerica nella Camera dei Rappresentanti.

Ma è proprio questo paradosso a rendere la situazione ancora più esplosiva. Un governo senza maggioranza piena, costretto a negoziare ogni provvedimento, rappresenta una novità assoluta per un sistema abituato al controllo ferreo del processo decisionale. Come reagirà il Giappone a questa inedita stagione di incertezza? E soprattutto, come interpreteranno questo segnale di debolezza i partner internazionali, dagli Stati Uniti alla Cina, in un momento di crescenti tensioni geopolitiche?

Verso un Giappone inedito: stabilità o rinnovamento?

La revisione interna promessa dal Jiminto per fine agosto non sarà solo un’analisi a freddo della sconfitta elettorale, ma un esame di coscienza collettivo su un modello di governance che ha garantito stabilità al prezzo della staticità. Le dimissioni annunciate dello stesso Moriyama, numero due del partito, sono il segnale più eloquente di una classe dirigente che riconosce la necessità di un ricambio generazionale.

Il Giappone si trova così di fronte a un momento di verità che trascende i confini della politica interna. La crisi del Jiminto coincide con sfide epocali – dall’invecchiamento demografico alle tensioni regionali, dalle pressioni commerciali americane alla necessità di una transizione energetica – che richiedono visione e coraggio. La domanda che aleggia sui corridoi di Nagatacho è se il sistema politico giapponese saprà rinnovarsi senza perdere quella stabilità che è stata il suo marchio di fabbrica nel secondo dopoguerra.

La risposta arriverà presto, forse troppo presto per chi sperava di governare la transizione con i tempi dilatati della tradizione nipponica. Il Giappone democratico si prepara a scrivere una pagina inedita della sua storia, con tutti i rischi e le opportunità che questo comporta.

Pubblicato da
Giuseppe Novelli