Il giorno della mozione di sfiducia a Renzi

Il giorno della mozione di sfiducia a Renzi
5 aprile 2016

Oggi arrivera’ la saldatura delle opposizioni: azzurri e Lega presenteranno la propria mozione di sfiducia al governo (a prima firma FI) e dovrebbero – perlomeno lo fara’ il Carroccio – firmare quella M5s; altrettanto faranno i pentastellati con le altre forze all’attacco dell’esecutivo. Ed e’ proprio contro questa “Santa Alleanza” che il presidente del Consiglio Matteo Renzi invoca unita’ nel suo partito, chiedendo durante la direzione alla minoranza di non prestare il fianco alla demagogia. E’ ancora l’inchiesta di Potenza ad agitare le acque della politica: il premier lavora ad una sostituzione della Guidi (in pole position c’e’ sempre De Vincenti, la nomina del nuovo minstro potrebbe arrivare gia’ in settimana) ma ieri e’ arrivata – e anche inaspettata – l’offensiva della minoranza dem: Renzi non sa fare il leader, e’ arrogante, come segretario ampiamente insufficiente. Un fuoco di fila che ha visto protagonista anche Cuperlo che nei giorni scorsi aveva respinto l’abbraccio tentato dai grillini per affondare il premier. Renzi ha evitato toni duri in attesa di affrontare la prova del Senato sulle mozioni (“Se le scrivono e le perdono”) e blindando ancora una volta Maria Elena Boschi.

Il responsabile delle Riforme, audita per piu’ di un’ora al dicastero dai pm, e’ arrivata in direzione proprio nel momennto in cui l’ex presidente del Consiglio rivendicava la battaglia portata avanti dal governo per sbloccare le opere. Nessuna guerra, ha tenuto a precisare il presidente del Consiglio, contro la magistratura – “Sono una persona profondamente innamorato della giustizia” – ma un invito ai pm a stringere. “Noi chiediamo ai magistrati di andare a sentenza e di parlare con le sentenze e non con interviste sui giornali”. “Se e’ reato sbloccare opere io lo sto commettendo”, “se avete da chiedere interrogatemi”, governo delle lobbies? “Lo dicano ad altri”, e’ insorto il premier che ha poi rivendicato anche il lavoro sulle primarie (“parliamone ma non si toccano”) e sulle banche (“Se qualcuno vuole altri chiarimenti sono qui, lavoriamo per una soluzione definitiva”) e la posizione assunta sul referendum sulle trivelle: “Io la penso come Prodi”.

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Ma il presidente del Consiglio ha voluto soprattutto puntare l’indice contro “l’indegno qualunquismo”. “Io non saro’ mai come altri”, e’ giusto che “un governo incontri gli impenditori e difenda le aziende e chi crea lavoro”. Argomentazioni che non hanno convinto la minoranza che, al contrario, avrebbe voluto – questa la tesi di Speranza – discutere in direzione dell’emendamento alla base delle dimissioni del ministro Guidi. In direzione Pd hanno votato contro la relazione del premier 13 dem: tra questi Pier Luigi Bersani, Roberto Speranza, Gianni Cuperlo, Nico Stumpo, Roberta Agostini, Davide Zoggia, Marco Sarracino, Barbara Pollastrini, Sergio Lo Giudice, Michele Emiliano, Margherita Miotto e Veronica Tentori. Insieme ad altri parlamentari hanno presentato un ordine del giorno per invitare il Pd a cambiare la posizione sul referendum sulle trivelle.

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