Gip: minacce di Riina a Don Ciotti prive di potenziale. Archiviata indagine

Gip: minacce di Riina a Don Ciotti prive di potenziale. Archiviata indagine
14 giugno 2017

Anche se le parole pronunciate da Totò Riina nei confronti di Don Ciotti avevano “oggettiva idoneità intimidatoria”, erano comunque frasi “destinate a rimanere prive di qualsivoglia potenziale rilevanza esterna” perché il boss di Corleone non aveva “la concreta possibilità che il messaggio di morte potesse” essere veicolato fuori dal carcere dove era detenuto e dunque “percepito da Don Ciotti”. E’ soprattutto per questo che il gip di Milano, Anna Magelli, ha deciso di archiviare l’indagine su Riina per le presunte minacce di morte rivolte al fondatore dell’associazione antimafia Libera. Il caso ruota attorno a un colloquio avuto dal “capo dei capi” di Cosa Nostra con il presunto affiliato alla Sacra Corona Unita Alberto Lorusso nel settembre 2013 all’interno del carcere milanese di Opera. Nella conversazione, intercettata dagli inquirenti della Dda di Palermo che indagavano sulla presunta trattativa Stato-mafia durante l’ora d’aria concessa ai detenuti in regime di 41-bis, il boss di Corleone aveva parlato del sacerdote antimafia e della possibilità di farlo fuori: “Ciotti, Ciotti, putissimo pure ammazzarlo”.

Per il giudice milanese che ha disposto l’archiviazione nonostante l’opposizione di Don Ciotti e dell’associazione Libera, da quelle parole “è emerso palese l’astio di Riina nei confronti di Don Ciotti”. Tuttavia, sottolinea nell’ordinanza di archiviazione, “manca la prova della volontà in capo ai due indagati di produrre l’effetto intimidatorio, confidando che la minaccia avrebbe potuto avere una eco extra-moenia e raggiungere la vittima”. Riina e il suo interlocutore, precisa il giudice milanese in un altro passaggio della sua ordinanza di archiviazione, non sapevano di essere intercettati. Perciò “non ricadeva nella loro sfera di controllo la concreta possibilità che il messaggio di morte potesse essere percepito da Don Ciotti”. Il reato di minacce, si legge ancora nel provvedimento firmato dal gip Magelli, è un reato di natura “relazionale”. Che proprio per questo “richiede necessariamente che sia instaurato un rapporto tra minacciante e minacciato, tale per cui il soggetto passivo abbia percepito la minaccia dell’agente, anche in epoca successiva alla condotta”. Mentre in questo caso, “Don Ciotti ha avuto notizia” delle presunte minacce “solo nell’agosto 2014” e non direttamente da Riina, ma “tramite i mass media”.

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