Il confronto tra gli Stati membri evidenzia differenze marcate. In cima alla classifica si posiziona il Lussemburgo con 83.000 euro, seguito da Danimarca (71.600) e Irlanda (61.100). Tra le grandi economie, la Germania si attesta a 53.791 euro e la Francia a 43.790. L’Italia, con i suoi 33.523 euro, rimane staccata e si colloca appena al di sotto della Spagna (33.700). All’estremo opposto della graduatoria si trovano Bulgaria (15.400), Grecia (18.000) e Ungheria (18.500). Per l’Italia, l’aumento nominale del 2,7% sul 2023, pari a circa 873 euro, ha comportato un modesto avanzamento del potere d’acquisto, stimato in circa un punto e mezzo percentuale, una volta depurato dall’inflazione armonizzata (HICP) all’1,1%.
Se il quadro Eurostat fotografa il 2024, i dati Istat più recenti aggiornano le prospettive per l’economia italiana, tracciando un autunno con luci e ombre. Il Pil è rimasto piatto tra luglio e settembre, mentre l’industria ha mostrato un recupero a settembre, seppur debole su base trimestrale. La fiducia di famiglie e imprese è in miglioramento, ma a pesare è il carrello della spesa: dal 2021 i prezzi alimentari sono cresciuti di quasi il 25%. Dopo il picco energetico post-invasione dell’Ucraina e l’impennata dei fertilizzanti, i rincari hanno colpito in particolare vegetali (+32,7%), latte, formaggi e uova (+28,1%), pane e cereali (+25,5%). Un fenomeno non solo italiano, che nell’area euro ha toccato il +29% nello stesso periodo.