Economia

Governo al bivio sul carbone: salve le centrali di Civitovecchia e Brindisi?

Il governo Meloni valuta interventi urgenti per evitare lo spegnimento delle centrali a carbone di Civitovecchia e Brindisi, con autorizzazioni in scadenza a fine anno. Lo rivela il ministro dell’Ambiente e Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin. Priorità assoluta alla sicurezza del sistema elettrico nazionale, tra decarbonizzazione e approvvigionamenti incerti. La notizia arriva in un momento critico per l’energia italiana.

Pichetto Fratin ha annunciato l’impegno del dicastero in un’intervista rilasciata oggi. “A fine anno scadrà l’autorizzazione ambientale per la produzione di energia elettrica da carbone nelle centrali di Civitovecchia e Brindisi”, ha precisato il ministro. Questo passaggio rientra nel Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (Pniec), che traccia il percorso di fase-out del carbone in Italia. L’obiettivo è consolidato: uscire dalla dipendenza dal fossile, in linea con gli impegni europei sul clima. La transizione verso un sistema sostenibile resta priorità strategica. Eppure, il governo non intende accelerare una dismissione prematura.

Interventi per sicurezza energetica

La valutazione è in corso, con focus su modalità concrete per prolungare la vita degli impianti. “Stiamo analizzando con attenzione la possibilità di interventi che evitino una chiusura anticipata, rispetto a quanto potrebbe emergere dal profilo strategico”, ha aggiunto Pichetto. La priorità assoluta va alla garanzia della continuità degli approvvigionamenti.

Il contesto è instabile: instabilità geopolitica, crisi ucraina e volatilità dei mercati energetici pesano sul sistema. L’Italia dipende ancora in misura rilevante dal gas importato, con rischi di blackout invernali. Le centrali laziale e pugliese, tra le più potenti del parco termico nazionale, producono energia baseload essenziale per la rete. Civitovecchia da sola copre il 5% del fabbisogno elettrico italiano, Brindisi non è da meno.

Il ministro ha sottolineato il raccordo con altri ministeri, enti regolatori e operatori privati. Mase opererà nel rispetto del quadro normativo Ue, bilanciando decarbonizzazione, sicurezza e tutela industriale. Nessun dietrofront sul verde, ma pragmatismo contro emergenze.

Bilancio tra verde e industria

La mossa del governo riflette le tensioni della transizione energetica. Da un lato, il Pniec prevede lo stop al carbone entro il 2025, con investimenti in rinnovabili e nucleare. Dall’altro, la realtà: nel 2024 il carbone ha coperto il 6% della produzione elettrica italiana, balzando al 10% nei picchi di domanda. Senza proroghe, si rischierebbero blackout e rincari per l’industria.

Le centrali coinvolte, gestite da Ee (ex Enel) per Civitovecchia e A2A per Brindisi, attendono certezze. Sindacati e territori spingono per proroghe: a Civitovecchia, 400 posti di lavoro diretti; a Brindisi, impatto su filiera metalmeccanica. Pichetto ha escluso deroghe selvagge, puntando su misure temporanee e reversibili. Intanto, Arera e Terna monitorano la rete. L’incertezza sui rigassificatori e le importazioni russe complica il quadro. Il governo potrebbe ricorrere a decreti ad hoc, come nel 2022 per l’emergenza gas.

Prospettive di transizione pragmatica

In prospettiva, l’Italia accelera su eolico offshore, solare e idrogeno. Ma il carbone resta rete di sicurezza almeno fino al 2026, secondo fonti di governo. Pichetto ha ribadito: “Equilibrio tra sostenibilità ambientale, sicurezza energetica e sistema produttivo”. Una linea che potrebbe ispirare altri Paesi Ue in ritardo sulla decarbonizzazione.

La partita è aperta: entro dicembre, decisioni cruciali. L’annuncio del ministro apre a uno scenario di proroga tecnica, evitando spegnimenti traumatici. L’energia italiana, tra ambizioni verdi e rigori invernali, cerca la sua via maestra.

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