Fari puntati sul Senato, l’icognita e’ ancora Verdini. I numeri che tolgono il sonno a Gentiloni

Fari puntati sul Senato, l’icognita e’ ancora Verdini. I numeri che tolgono il sonno a Gentiloni
2 gennaio 2017

Maggioranza di Governo decisamente “meno confortevole” al Senato, rispetto ai numeri della Camera. Lo ha ammesso lo stesso presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. Dunque, fari puntati sul Senato dove, durante la presidenza di Matteo Renzi il gruppo dei verdiniani, in tutto 18, si e’ rivelato determinante per l’approvazione di alcuni provvedimenti. Lo dimostra la ‘moviola’ delle sedute d’Aula e di commissione di questi ultimi mesi. Andando a ritroso: lo scorso 14 dicembre, dopo aver incassato l’ok della Camera, sono stati 169 i si’ che a Palazzo Madama hanno consentito al Governo Gentiloni di insediarsi. Gli stessi che ha ottenuto Renzi nella notte fra il 24 e il 25 febbraio del 2014. A favore hanno votato 111 senatori del Pd su 113. Altri 16 voti a favore sono arrivati dal gruppo delle Autonomie, dove siedono quasi tutti i senatori a vita, tranne Mario Monti. Non hanno preso parte al voto Carlo Rubbia, Renzo Piano e il senatore Claudio Zin. Ventotto i voti arrivati da Area Popolare e Udc, mentre solo il presidente della Commissione Lavoro, Maurizio Sacconi, non ha partecipato. Tre ok sono arrivati anche dal gruppo Grandi autonomie e Liberta’ (Gal), con Paolo Naccarato, Luciano Villari e Angela D’Onghia.

MAGGIORANZA RISICATA Nel gruppo Misto i si’ al Governo Gentiloni sono stati 7: a quelli gia’ certi di Benedetto Della Vedova, Serenella Fucksia, Alessandra Bencini, Maurizio Romani, Sandro Bondi, Manuela Repetti e Franco Molinari, se ne sono aggiunti altri quattro: il voto di Enrico Rossi, quello del senatore a vita ed ex presidente del Consiglio, Mario Monti, piu’ Luciano Uras e Dario Stefano, eletti tre anni fa con Sel e ora nel gruppo Misto. Nessun disco verde e’ arrivato, quel giorno, da parte di Ala che ha scelto di non non partecipare al voto abbandonando l’emiciclo. Ad annunciare ufficialmente la decisione di Ala di sfilarsi e’ stato Riccardo Mazzoni: “per gli impegni gravosi che lo attendono questo governo avrebbe dovuto contare su numeri certi in Senato. Non sara’ cosi’ visto che noi la fiducia non possiamo dargliela”. In ogni caso, volendo fare i conti, con lo sguardo ancora fisso su quel 14 dicembre, sulla carta, il governo Gentiloni puo’ fare affidamento su una forbice che va da un minimo di 160 voti a un massimo di oltre 170. Una maggioranza autonoma per la quale il gruppo di Verdini non risulta determinante. Ma il percorso del nuovo Esecutivo, a Palazzo Madama, si annuncia ad ostacoli perche’ potrebbe bastare qualche assenza o qualche mal di pancia, per andare ‘sotto’ i numeri necessari. Lo provano, quanto meno, le volte in cui proprio Ala ha salvato al Senato la maggioranza di Matteo Renzi, la stessa che ufficialmente sostiene il governo Gentiloni. Il 5 ottobre scorso, il voto dei verdiniani e’ stato addirittura determinante sul fronte dei conti pubblici. L’Aula di Palazzo Madama, infatti, quella mattina, ha dato l’ok al rendiconto 2015 e all’assestamento 2016 del bilancio dello Stato, con, rispettivamente, 142 voti favorevoli, 3 voti contrari e due astenuti sul primo ddl e con 143 si’, 92 no e 3 astenuti sul secondo. Il quorum necessario a far licenziare il testo dall’assemblea, che si calcola in base al numero legale, era di 141 si’. Senza i dieci senatori del gruppo di Denis Verdini, i provvedimenti non avrebbero potuto avere il disco verde dell’Aula.

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ALA AGO BILANCIA Ancora prima, il 17 maggio, in Senato ci sono stati 14 si’ di Ala alla legge costituzionale che riforma lo Statuto del Friuli venezia Giulia, passata con 167 voti a favore. La legge, in seconda lettura a Palazzo Madama, per essere approvata doveva essere votata dalla maggioranza assoluta dei componenti del Senato, pari a 161 e senza l’aiuto dei verdiniani le forze politiche che sostenevano il governo Renzi non sarebbero state sufficienti. Per uno sgambetto di Ala, con l’aiuto questa volta di Area Popolare, sempre in Senato , il governo e’ andato ‘sotto’ sulla ratifica di cinque accordi internazionali in materia di lotta al terrorismo. Era il 23 giugno scorso e sia il gruppo di Ala che Area Popolare, si era appreso, avrebbero votato con le opposizioni. Per questo il governo e’ andato e’ stato battuto su un emendamento a firma del senatore azzurro Giacomo Caliendo- Palma. Da non dimenticare anche un altro episodio: Ala ha garantito il numero legale in Commissione Giustizia del Senato. Avendo, infatti, l’opposizione abbandonato per protesta i lavori, dopo la convocazione ad horas di una seduta notturna per votare gli emendamenti su un dl del governo che riguardava l’efficienza degli Uffici giudiziari e introduceva una proroga delle pensioni per i vertici della magistratura, la maggioranza contava solo su 8 senatori del Pd piu’ il presidente, il senatore Nico D’Ascola (Area Popolare). Raggiunto telefonicamente il capogruppo Alleanza Liberalpopolare-Autonomie, Ciro Falanga, il 17 ottobre, rispondeva: “cio’ che ci convince e’ il fine” del provvedimento che e’ “ridurre l’eccessivo carico della Cassazione”.

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NESSUN APPOGGIO E’ di recente, invece, il monito di Ignazio Abrignani, deputato di Ala (che alla Camera conta 16 esponenti): “il governo Gentiloni e’ un governo Renzi bis ma senza Renzi, un governo fotocopia di minoranza. Basta guardare i numeri, dove la maggioranza al Senato e’ ferma a quota 158, per rendersi conto della precarieta’ su cui poggia il nuovo esecutivo. Ala-Scelta Civica era la formazione politica che piu’ aveva creduto nel progetto riformatore di Matteo Renzi, imprescindibile per un Paese che vuole rafforzare le dimensioni della crescita economica e dello sviluppo. Quello che spettava a noi era il riconoscimento, politico, del nostro impegno e della nostra fedelta’. E’ avvenuto l’esatto contrario e ora per noi la strada da tracciare e’ un’altra: lavoreremo per rilanciare il progetto di un centro liberale e riformista lontano dagli estremismi che fanno male al Paese”. Fatto e’ che anche alla Camera i verdiniani, dopo la rinuncia del viceministro Enrico Zanetti alla carica di Governo, si sentono con le mani libere e valuteranno provvedimento per provvedimento. Ma qui e’ la maggioranza ad avere in mano il pallottoliere mentre in Senato i numeri sono piu’ ballerini. Raggiunto telefonicamente il capogruppo di Ala a Palazzo Madama, Lucio Barani conferma: “si votano i provvedimenti che convincono. Nessun appoggio incondizionato ad un Governo fotocopia guidato da una riserva”.

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