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Grande Moderazione, opportunità o spauracchio?

Il concetto di Grande Moderazione nasce negli anni ‘80, quando al termine di un ciclo espansivo che durava dal secondo Dopoguerra si assistette ad una progressiva riduzione della volatilità dei principali indici economici, quali Pil ed inflazione. Ciò fu dovuto alla fine della fase keynesiana di accumulazione capitalistica, caratterizzata da alti salari e alti tassi di inflazione, la quale fece posto alla controffensiva neoliberista, che da allora domina incontrastata quale paradigma economico di riferimento. La Grande Moderazione ha accompagnato l’ultimo decennio del XX secolo e buona parte del primo del XXI secolo, dando l’impressione di rappresentare una tendenza secolare. Poi la crisi del 2008 ha pesantemente rimescolato le carte. E ora?

Andata e ritorno. Le risposte messe in campo da governi e istituzioni monetarie per far fronte alla più grande crisi economica dal 1929 sono state contraddittorie. Da un lato, esse hanno fatto leva sul meccanismo classico di contrazione della spesa, cosa che ha avuto un impatto più che negativo su salari e occupazione, senza che si manifestassero benefici nemmeno in termini di tassi di interesse e debito pubblico. D’altro canto, soprattutto con l’avvento di Mario Draghi alla guida della BCE, abbiamo assistito ad un piccolo tentativo di abbozzare una risposta anti-ciclica, con il Quantitative Easing che ha avuto il merito, quale che sia l’opinione che si abbia sull’Unione valutaria, di tenere in piedi un Euro che sembrava sul punto di saltare. Il tutto, naturalmente, senza sforare l’obiettivo cardine della BCE, quello di mantenere l’inflazione al di sotto del target del 2%. Proprio quest’ultimo parametro (in comune con la FED), che fin qui è stato l’unico rispettato all’interno della cornice dell’UE, ha lasciato intendere un ritorno al periodo della Grande Moderazione, in virtù del fatto che tanto l’inflazione quanto i tassi di interesse non hanno registrato, in questi anni, oscillazioni di rilievo, nemmeno nelle economie più fragili. Una bonaccia per gli investimenti?

La quiete e la tempesta. La stabilità finanziaria rappresenta senza dubbio un elemento molto positivo per gli investitori. La certezza di politiche monetarie poco espansive garantisce a tutti la possibilità di valutare su periodi medi le strategie più vantaggiose per le proprie attività di compravendita azionaria, obbligazionaria e quant’altro. Il ritorno alla Grande Moderazione, quindi, può essere salutato, da questo punto di vista, con un contenuto entusiasmo. Attenzione, tuttavia, a non cadere nella trappola. Una volatilità bassa nel breve periodo può tradursi fatalmente in un aumento della volatilità a lungo termine. Con tassi di interesse già molto bassi, difficilmente le banche centrali potrebbero reagire con gli strumenti classici, e ciò porrebbe le premesse per un’altra recessione, forse più violenta rispetto a quella appena superata. Inoltre, proprio le restrizioni in termini di politiche monetarie possono condurre a tassi in inflazione ancora più bassi, prodromici ad una fase di stagnazione dell’economia reale che, ça va sans dire, non rappresenterebbe un volano per gli investimenti. Meglio dunque, senza farsi prendere la mano né da facili entusiasmi né da preoccupazioni eccessive, optare sempre per strategie di investimento equilibrate, che in genere hanno il vantaggio di tenere botta anche in periodi di scarse congiunture.

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