Saranno i due presidenti, Donald Trump e Xi Jinping, a cercare un accordo tra Stati Uniti e Cina prima della fine della tregua commerciale e dell’applicazione di nuovi dazi statunitensi, che avrebbero ripercussioni negative su tutta l’economia globale. Ieri si sono concluse le due giornate di colloqui a Washington tra le due delegazioni, ma quella cinese si è presentata, secondo le fonti del Wall Street Journal, quasi a mani vuote.
A causa della distanza ancora evidente tra le due parti, la Cina avrebbe proposto agli Stati Uniti un vertice tra i due presidenti, da tenere nella provincia cinese di Hainan dopo il vertice in Asia (ma non è ancora stata comunicata la città) tra Trump e il leader nordcoreano, Kim Jong Un, alla fine di febbraio. In un tweet, Trump ha fatto intendere di essere pronto a incontrare Xi, ribadendolo poi dallo Studio Ovale. “Nessun accordo finale sarà fatto finché non incontrerò il mio amico, il presidente Xi [Jinping] nel prossimo futuro per discutere e trovare un accordo su alcuni dei punti più difficili”. Il presidente ha poi aggiunto: “Stiamo cercando di fare un accordo completo, non lasciando nulla di irrisolto. Tutti i maggiori problemi sono stati discussi e speriamo di poterli risolvere. I dazi sulla Cina aumenteranno al 25% il primo marzo, quindi lavoriamo tutti duramente per finire entro quella data!”.
Dallo Studio Ovale, Trump ha dichiarato che ci sono “ottime possibilità” che si trovi un accordo e, parlando con i giornalisti, ha aggiunto che un’intesa “di massima” con la Cina sarà raggiunta entro la data fissata, ma “forse sarà necessario estendere i colloqui oltre il primo marzo [quando finirà la tregua, ndr], per mettere a punto i dettagli”. Trump ha ribadito che l’accordo “non sarà piccolo” e dovrà essere “completo”, o ci sarà un rinvio “per un po’”. A Washington, la delegazione cinese avrebbe portato un pacchetto di modeste concessioni, che riguarderebbe soprattutto la promessa di acquistare più prodotti agricoli ed energetici statunitensi e di far entrare maggiori capitali statunitensi nei settori manifatturiero e finanziario cinesi. In un tweet odierno, Trump ha scritto di volere che la Cina apra “i suoi mercati non solo ai servizi finanziari, come già sta facendo, ma anche alla nostra industria manifatturiera, agli agricoltori e alle altre industrie e società statunitensi. Senza, un accordo sarà inaccettabile!”.
Washington, però, chiede a Pechino anche profonde riforme. Per questo, le due parti sembrano molto lontane da un accordo e le trattative di questi due giorni si concluderanno probabilmente senza passi avanti. Nel pomeriggio (statunitense) è in programma un incontro tra Trump e il vicepremier Liu He, che guida la delegazione cinese, durante il quale si affronterà il tema di un nuovo incontro tra il presidente statunitense e Xi. Se Trump accettasse l’incontro, come sembra, si metterebbe in una difficile posizione, perché le pressioni per un accordo sarebbero enormi e un risultato negativo avrebbe serie ripercussioni non solo su Stati Uniti e Cina, ma anche sull’economia del resto del mondo. Le pressioni, secondo alcuni consiglieri del presidente ascoltati dal Wall Street Journal, sarebbero alte soprattutto se l’incontro avvenisse in Cina; per questo, c’è chi consiglia che l’eventuale incontro avvenga in un Paese terzo o nella residenza Mar-a-Lago di Trump, in Florida.
Secondo David Dollar, del Brookings Institution, “le maggiori speranze per un accordo vengono da un incontro faccia a faccia. L’economia statunitense sta rallentando e la pressione è su Trump, affinché faccia un accordo”. Per Dollar, anche il mantenimento dei dazi al 10%, senza farli aumentare al 25%, “sarebbe difficile da accettare per Xi”. La Cina, però, difficilmente accetterà le tante richieste statunitensi sul ruolo dello Stato in economia, sulla sua politica industriale, sulla difesa della proprietà intellettuale e altri temi. “Lo scenario più probabile è un accordo con cui Trump dichiari vittoria, ma che sia piuttosto limitato nella sua ampiezza, e che le due parti decidano di allentare le tensioni e continuare a discutere sulle tematiche più complesse e irrisolte” ha commentato Eswar Prasad, esperto di Cina della Cornell University. Quando i due presidenti si sono incontrati il primo dicembre a Buenos Aires, le aspettative dei mercati finanziari erano così elevate che le due parti hanno deciso di firmare una tregua. Trump aveva minacciato di alzare i dazi dal 10 al 25 per cento su importazioni del valore di 200 miliardi dal primo gennaio, ma con la tregua sono stati congelati fino al primo marzo. Il segretario al Tesoro, Steven Mnuchin, ha detto due giorni fa a Fox Business che il taglio dei dazi è una possibilità. “Tutto è sul tavolo” delle trattative, ha detto.