Donald Trump
Prosegue senza sosta, al 583° giorno, il conflitto tra Israele e Hamas, che nel frattempo ha assunto dimensioni regionali coinvolgendo Libano, Siria, Iran e Yemen. Sullo sfondo della crisi, prende corpo un’indiscrezione destinata a far discutere: secondo una fonte diplomatica del Golfo, l’ex presidente americano Donald Trump sarebbe intenzionato a riconoscere uno Stato palestinese, ma a esclusione di Hamas.
A rilanciare la notizia è stata l’agenzia indipendente americana The Media Line, da sempre focalizzata sulle dinamiche mediorientali. Secondo quanto riferito dalla fonte – rimasta anonima – Trump dovrebbe compiere l’annuncio nel corso di un imminente viaggio nella regione, che toccherà Arabia Saudita, Qatar ed Emirati Arabi.
Il dossier è stato ripreso anche dal Jerusalem Post, ma altri analisti consultati dalla stessa Media Line hanno espresso forti dubbi sull’attendibilità dello scenario. Ancora più dura la replica da parte dell’ambasciatore statunitense in Israele, Mike Huckabee, che ha bollato l’ipotesi come “una sciocchezza”: “Il Jerusalem Post ha bisogno di fonti migliori. Mio nipote di quattro anni è più affidabile. Fidatevi di Teddy,” ha ironizzato su X.
Huckabee ha comunque ribadito che “Israele non ha un amico migliore del presidente degli Stati Uniti”, pur in un contesto di rapporti sempre più freddi tra Trump e il premier israeliano Benjamin Netanyahu. A pesare, le divergenze su dossier chiave come Iran, milizie Houthi e gestione degli aiuti umanitari destinati alla Striscia di Gaza, che ora Washington intende distribuire senza il coinvolgimento israeliano.
Secondo la fonte del Golfo, Trump starebbe valutando “una dichiarazione ufficiale sul riconoscimento dello Stato di Palestina da parte degli Stati Uniti, senza la presenza di Hamas”. Una mossa che – se confermata – potrebbe cambiare gli equilibri della regione e accelerare l’ingresso di nuovi Paesi arabi negli Accordi di Abramo. L’interlocutore sottolinea però che “molti accordi economici sono già stati definiti” e cita la possibile esenzione dai dazi doganali per gli Stati del Golfo.
Il viaggio di Trump, il primo all’estero dopo i funerali di Papa Francesco, dovrebbe iniziare martedì dall’Arabia Saudita, come nel 2017, per poi proseguire verso Qatar ed Emirati Arabi. Tra le ipotesi più curiose circolate sui media arabi, anche quella secondo cui l’ex presidente potrebbe annunciare il cambio di denominazione ufficiale del “Golfo Persico” in “Golfo d’Arabia”, una proposta già ventilata in ambienti sauditi.
Ma molti analisti frenano. Tra questi, l’ex diplomatico del Golfo Ahmed Al-Ibrahim, che sottolinea l’assenza di due attori chiave del dossier palestinese: il presidente egiziano Abdel Fattah el-Sisi e il re di Giordania Abdullah II. “Non mi aspetto un annuncio sul riconoscimento della Palestina senza la loro presenza. È più plausibile che si parli di accordi economici, come quelli del vertice USA-Golfo del 2017, quando Riyad firmò impegni per oltre 400 miliardi di dollari.”
Sul fronte del conflitto, la situazione resta drammatica. Netanyahu ha bloccato nuovi aiuti verso Gaza e ordinato l’espansione delle operazioni militari, mettendo a rischio anche gli ultimi ostaggi israeliani ancora nelle mani di Hamas. Nelle ultime ore, i miliziani palestinesi hanno diffuso un nuovo video in cui compaiono due prigionieri, Elkana Bohbot e Yosef-Haim Ohana. Uno di loro, visibilmente provato, chiede la fine della guerra.
In attesa del “grande annuncio” promesso da Trump, l’unica certezza sembra essere il ritorno in grande stile della Trump Organization negli affari mediorientali. Diplomazia, economia e propaganda si intrecciano ancora una volta sullo scacchiere del Medio Oriente.