Militari di Hamas, esponenti delle brigate al-Qassam
Dopo quindici mesi di guerra devastante, una parola potrebbe spezzare l’inferno di Gaza: “sì”. Hamas sarebbe pronto ad accettare la nuova proposta di cessate il fuoco con Israele, secondo fonti del movimento estremista citate dal quotidiano saudita Al-Sharq Al-Awsat. La risposta ufficiale potrebbe arrivare entro stamattina, dopo che ieri il gruppo ha iniziato a informare interlocutori regionali e internazionali della sua intenzione.
I dettagli della proposta, diffusi dall’emittente egiziana Al-Rad, delineano un cessate il fuoco strutturato della durata di 60 giorni, sostenuto da garanzie internazionali fornite da Egitto, Qatar e Stati Uniti. Ma c’è un elemento che rende questo accordo diverso da tutti i precedenti: l’impegno personale diretto del presidente Donald Trump, che svolgerebbe un ruolo di supervisione politica nella fase di implementazione.
Il piano prevede una timeline precisa, scandita giorno per giorno. Già nel primo giorno della tregua Hamas rilascerebbe otto ostaggi vivi, mentre l’esercito israeliano avvierebbe un ritiro graduale dal Nord della Striscia di Gaza. Dopo una settimana, sarebbero restituiti a Israele i corpi di cinque ostaggi deceduti.
Il decimo giorno segnerebbe un momento cruciale: Hamas fornirebbe informazioni e prove mediche sullo stato degli ostaggi ancora detenuti, mentre Israele condividerebbe dati sui palestinesi arrestati a partire dal 7 ottobre 2023.
Nel corso del mese successivo, l’accordo prevede ulteriori tappe fondamentali. Il trasferimento di altri cinque corpi al trentesimo giorno, la liberazione di due ostaggi vivi al cinquantesimo giorno, e infine la consegna di otto corpi il sessantesimo giorno.
Parallelamente al rilascio degli ostaggi, Israele consentirebbe l’ingresso immediato di aiuti umanitari a Gaza e il ritiro militare proseguirebbe verso sud. Questi sarebbero i punti che Hamas indica come più rilevanti per accettare la tregua.
Durante il periodo di cessate il fuoco, le parti aprirebbero negoziati più ampi riguardanti questioni cruciali per il futuro della regione: la liberazione degli ultimi ostaggi, la sicurezza a lungo termine, la governance post-Hamas a Gaza e la possibilità di un cessate il fuoco permanente.
Resta da vedere se questa volta sarà diverso. Le precedenti proposte di tregua si sono infrante contro le diffidenze reciproche e le pressioni interne. Ma la presenza di Trump come garante personale e il coinvolgimento diretto di tre potenze regionali potrebbero rappresentare la combinazione vincente per porre fine a uno dei conflitti più sanguinosi della storia recente del Medio Oriente. La prossima alba a Gaza potrebbe portare con sé una parola che non si sentiva da troppo tempo: pace.