Il fronte con Hezbollah prossima frontiera del conflitto. Blinken striglia Israele

Il fronte con Hezbollah prossima frontiera del conflitto. Blinken striglia Israele
8 gennaio 2024

Il capo di stato maggiore delle Forze di difesa israeliane (IDF), Herzl Halevi, ha dichiarato durante un incontro presso il comando centrale dell’IDF che l’esercito israeliano “combatterà a Gaza tutto l’anno, questo è certo”. Secondo quanto riportato da Haaretz, Halevi ha evidenziato che il 2024 sarà un anno impegnativo, con particolare riferimento alla lotta contro Hezbollah nel nord del Paese.

Ha sottolineato che Israele “farà pagare prezzi sempre più alti” alla milizia libanese filoiraniana e che i combattimenti finiranno solo quando gli abitanti del nord potranno tornare a casa sani e salvi. Halevi ha delineato due opzioni per il ritorno degli abitanti alle loro case: il successo della pressione esercitata dall’esercito, che creerebbe una realtà diversa, o durante una guerra nel caso in cui la prima opzione non dovesse funzionare.

Lo scenario e le conseguenze umanitarie

Intanto, sono trascorsi tre mesi dall’attacco di Hamas contro Israele, e il conflitto continua a Gaza. Tuttavia, ora il fronte con Hezbollah sembra essere la prossima frontiera del conflitto. Nel nord di Israele, si registra un continuo stillicidio di attacchi dal Libano: oggi circa otto razzi sono caduti vicino alla postazione Astrà dell’esercito israeliano sul monte Hermon. In risposta, le forze israeliane hanno colpito i luoghi da cui erano stati effettuati i lanci. Un altro missile ha colpito un edificio evacuato nella città settentrionale di Metula, causando danni ma nessuna vittima. Altri razzi sono caduti in aree aperte.

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La guerra nella guerra tra Israele e Hezbollah ha provocato un’ulteriore catastrofe umanitaria nell’area di confine tra i due Paesi. Secondo l`Unicef, a partire dal 7 ottobre, più di 1.000 bambini hanno subito l`amputazione di una o entrambe le gambe. Molte di queste operazioni sono state effettuate senza anestesia, ha osservato Save the Children, “con il sistema sanitario di Gaza paralizzato dal conflitto e con una grave carenza di medici e infermieri e di forniture mediche come anestetici e antibiotici, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità”.

Mentre per l’organizzazione internazionale per le migrazioni delle Nazioni Unite, più di 76.000 persone sono sfollate dal sud del Libano negli ultimi tre mesi a causa degli scontri tra le forze israeliane e Hezbollah. La maggior parte degli sfollati vive presso parenti, mentre solo il 2% è ospitato in rifugi collettivi. Nel nord di Israele, oltre 80.000 residenti sono stati sfollati a causa degli scontri alla frontiera con il Libano.

Le preoccupazioni internazionali

Gli Stati Uniti stanno giocando un ruolo chiave nel tentativo di prevenire un’escalation della situazione. Il Segretario di Stato Antony Blinken ha visitato la regione, incontrando il re di Giordania Abdullah e discutendo con le autorità israeliane. Blinken ha espresso la ferma opposizione degli Stati Uniti a un esodo forzato dei palestinesi dalla Striscia di Gaza e ha sottolineato la necessità di una soluzione che porti alla creazione di uno Stato palestinese indipendente.

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Blinken ha bollato come “irresponsabili” e “provocatorie” le dichiarazioni del ministro della Sicurezza nazionale israeliano Itamar Ben-Gvir e del ministro delle Finanze Bezalel Smotrich riguardo ai trasferimenti della popolazione della Striscia di Gaza, sottolineando che i palestinesi sfollati a Gaza devono poter tornare alle loro case non devono essere costretti ad andarsene dopo la fine del conflitto.

Gli analisti sottolineano che una guerra su vasta scala tra Israele e Libano avrebbe conseguenze gravi e potrebbe coinvolgere altri attori regionali. Gli Stati Uniti temono che il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu possa considerare l’espansione della crisi al Libano come chiave per la sua sopravvivenza politica. La comunità internazionale è preoccupata per l’escalation delle tensioni e cerca di evitare che la situazione sfugga di mano, causando una crisi umanitaria ancora più grave in Medio Oriente.

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