Il giudice terzo o l’arbitro indiscusso? Il ruolo controverso della Corte Costituzionale

Parla il presidente della Consulta, Giovanni Amoroso, in occasione della tradizionale relazione annuale sulla giurisdizione

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In un contesto globale sempre più incerto e soggetto a cambiamenti imprevedibili, la Corte costituzionale italiana si presenta come l’ultimo baluardo dello stato di diritto. Ma a quale costo? È questo il dilemma che emerge dalle parole del presidente della Consulta, Giovanni Amoroso, durante la tradizionale relazione annuale sulla giurisdizione, alla presenza delle massime cariche istituzionali, tra cui il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e i presidenti di Senato e Camera, Ignazio La Russa e Lorenzo Fontana.

Nel suo discorso, Amoroso ha ribadito il ruolo centrale della Corte nel garantire stabilità e certezza dell’ordinamento, sottolineando come lo stato di diritto sia “l’ancora di salvezza per la convivenza civile”. Tuttavia, le cifre e i dati forniti lasciano spazio a domande legittime: quanto è effettivamente indipendente il sistema giudiziario italiano? E fino a che punto il controllo di costituzionalità rischia di trasformarsi in un freno all’azione legislativa del Parlamento?

“Un giudizio su due boccia le leggi italiane”

L’attività della Corte nel 2024 parla chiaro: su 40 pronunce emesse quest’anno, quasi la metà (19) ha riguardato casi di incostituzionalità. Un dato che, secondo il presidente Amoroso, dimostra l’efficacia del controllo giurisdizionale. Ma è davvero così?

Negli anni ’60 e ’70, ricorda Amoroso, la percentuale di decisioni di illegittimità costituzionale era molto più bassa. Oggi, invece, la tendenza è opposta. “Questo mostra che il controllo c’è e funziona”, ha dichiarato ai giornalisti. Ma non tutti sono d’accordo. Critici sostengono che una tale frequenza di bocciature legislative possa riflettere un’eccessiva intrusione della magistratura nell’ambito politico, rischiando di minare l’autonomia del Parlamento.

Magistrati contro politici: chi decide davvero?

Interpellato sulle crescenti tensioni tra il mondo politico e quello giudiziario, Amoroso ha liquidato le critiche come “una preoccupazione non nuova”. Ma la realtà sembra più complessa. Negli ultimi mesi, diverse decisioni dei tribunali hanno acceso polemiche accese, alimentando accuse di “debordamento” da parte della magistratura.

Un caso emblematico è quello dei migranti provenienti dai cosiddetti Paesi sicuri. Su questa delicata questione, i giudici italiani hanno adottato approcci diversificati: alcuni hanno applicato la normativa europea, altri si sono rivolti alla Corte di giustizia dell’Unione europea, altri ancora hanno interpellato la Cassazione. Una frammentazione che, secondo alcuni osservatori, evidenzia l’indecisione e la mancanza di coordinamento all’interno del sistema giudiziario.

“È conseguenza della complessità del sistema”, ha commentato Amoroso. Ma è davvero solo questo? Oppure si tratta di un segnale preoccupante di come la magistratura stia cercando di espandere il proprio ruolo a scapito delle altre istituzioni?

La Corte si sostituisce al Parlamento?

Un altro punto critico riguarda il riconoscimento e l’estensione dei diritti. Secondo Amoroso, tale compito spetta primariamente al Parlamento. Tuttavia, quando chiamata a intervenire, la Corte ha progressivamente ampliato il proprio margine di intervento, basandosi su criteri di “ragionevolezza” e “proporzionalità”.

Ma fino a che punto è giusto che la Consulta si spinga? Le sue pronunce, pur contenendo moniti al legislatore, spesso rimandano a decisioni future senza risolvere immediatamente i problemi. Questo atteggiamento, definito da Amoroso come “self-restraint”, potrebbe essere letto anche come un modo per mantenere un’influenza costante sul processo legislativo, senza assumersi la responsabilità diretta delle decisioni.

Critici sostengono che questa prassi rischia di trasformare la Corte in un “Parlamento ombra”, capace di influenzare l’agenda politica senza dover rendere conto ai cittadini.

Il futuro: un equilibrio sempre più precario

In un mondo in cui le tensioni tra poteri dello Stato sembrano destinati ad aumentare, la Corte costituzionale si propone come mediatrice e garante. Ma a quale prezzo per la democrazia italiana? Mentre il presidente Amoroso invita a guardare con fiducia al ruolo della Consulta, emergono dubbi crescenti sul reale impatto delle sue decisioni.

Se da un lato la Corte rappresenta un baluardo di legalità, dall’altro il rischio è che il suo operato finisca per soffocare l’autonomia del Parlamento e alimentare un clima di sfiducia verso le istituzioni.