Politica

Indipendentisti e unionisti, in Catalogna il voto della verità

Il giorno della verità: cinque milioni e mezzo di elettori in Catalogna sono chiamati oggi alle urne – dalle 9 alle 20, insolitamente in un giorno lavorativo – per dirimere la battaglia politica fra indipendentisti e unionisti. I secessionisti, stando alle ultime rilevazioni, sono vicini alla conferma della maggioranza assoluta in Parlamento, ma dovrebbero comunque rimanere sotto il 50 per cento del totale delle preferenze. La repressione legale del governo di Madrid, con l’applicazione dell’articolo 155 della Costituzione, non sembrerebbe quindi aver spostato più di tanto gli equilibri del voto: né gli indipendentisti sembrano aver perso le speranze né la mobilitazione senza precedenti delle forze unioniste sembra aver colmato il divario fra i due schieramenti. – L’ultima rilevazione pubblicata ieri dall’edizione andorrana del Periodico (nominalmente estera e non soggetta quindi al divieto dei sondaggi) accredita il fronte indipendentista di 67-70 seggi, a fronte di un a maggioranza assoluta di 68; la sinistra indipendentista di Erc e la destra di Ciudadanos si contendono la palma di partito più votato, entrambi poco oltre il 23%, ma con un netto vantaggio di Erc in termini di seggi).

A mescolare le carte però potrebbe intervenire la partecipazione al voto, che viene stimata attorno all’80%, anche perché un buon quarto degli elettori si dichiara ancora indeciso sul recarsi alle urne e, nel caso, per chi votare. L’atipica campagna elettorale – con i due principali leader indipendentisti, l’ex presidente della Generalitat Carles Puigdemont e il suo vice Oriol Junqueras rispettivamente in autoesilio in Belgio e in carcere – è stata caratterizzata dal basso livello del dibattuito politico, senza un chiaro programma su che cosa succederà a partire dal 22. Una vaghezza favorita in parte dall’effettiva difficoltà per le parti di trovare una ‘road map’ costruttiva: un problema anche per la destra, dal momento che la semplice gestione dello status quo non appare sostenibile a lungo termine. Ma anche dal fatto che dei sondaggi (usati da politici e media affini come arma contundente) non c’è molto da fidarsi, senza contare che come già detto il livello di partecipazione effettivo potrebbe facilmente sconvolgere i calcoli dei vari partiti: in parole povere, nessuno sa ancora quanti voti prenderà, e su che genere di maggioranza – se ci sarà – potrà contare.

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