Infermiera Killer, in appello assolta Daniela Poggiali. “Mi riprendo la vita”

Infermiera Killer, in appello assolta Daniela Poggiali. “Mi riprendo la vita”
8 luglio 2017

Assoluzione perche’ il fatto non sussiste per Daniela Poggiali: lo ha deciso la Corte di assise di appello di Bologna al termine della camera di consiglio nel processo di secondo grado nei confronti dell’ex infermiera 45enne dell’ospedale “Umberto I” di Lugo, nel Ravennate. Daniela Poggiali era imputata con l’accusa di aver ucciso una paziente, la 78enne Rosa Calderoni, con un’iniezione letale di cloruro di potassio. La sentenza della Corte ha dunque ribaltato la decisione dei giudici di primo grado che avevano condannato all’ergastolo la Poggiali nel marzo 2016. La Corte di assise di appello ha anche disposto l’immediata scarcerazione dell’ex infermiera. Daniela Poggiali (foto), presente in aula al momento della lettura della sentenza, non ha potuto nascondere l’emozione per l’assoluzione (con la formula “perche’ il fatto non sussiste”) disposta dai giudici della Corte di appello di Bologna, dopo circa due ore e mezza di camera di consiglio. “Mi hanno dipinta per quella che non sono, adesso mi riprendo in mano la mia vita – ha detto Daniela Poggiali -. Voglio una vita normale e tranquilla, mamma mia che fatica”. Anche le sorelle dell’ex infermiera di Lugo, Barbara e Claudia Poggiali, hanno accolto con le lacrime la decisione dei giudici di secondo grado.

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La corte, presieduta dal giudice Alberto Pederiali, ha dunque accolto la tesi difensiva. Il pg Luciana Cicerchia aveva invece chiesto di confermare la condanna all’ergastolo inflitta alla Poggiali in primo grado nel marzo 2016. Determinante per il ribaltamento della vicenda processuale e’ stata la perizia medico legale disposta, a fine febbraio scorso dai giudici di appello. I periti avvalendosi di riscontri clinici e di laboratorio non hanno potuto identificare una singola causa patologica naturale a insorgenza acuta tale da causare con alta probabilita’ la morte della paziente. Tuttavia, allo stesso tempo, il quadro clinico della 78enne, secondo quanto emerso dalla perizia, era “solo in parte compatibile” con una somministrazione letale di potassio. La Poggiali era detenuta al carcere della Dozza di Bologna. “Siamo contente di questo risultato che finalmente ha reso giustizia a nostra sorella” anche se “quello che le hanno tolto non le potra’ essere restituito”, hanno detto Barbara e Claudia Poggiali subito dopo la sentenza di assoluzione della sorella Daniela. “Siamo sempre state orgogliose di Daniela”, hanno concluso.  Per la difesa, “la Poggiali e’ stata vittima di una serie di pregiudizi che riguardavano alcuni tratti della sua personalita’ complessi e obiettivamente controversi”.

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Aspetti che pero’ “non avrebbero dovuto legittimare questo contagio collettivo che ha indotto a rinvenire in lei un soggetto potenzialmente criminogeno. Probabilmente – ha osservato l’avvocato Lorenzo Valgimigli – questi ribaltamenti processuali sono espressione di un fenomeno culturale all’interno della giurisprudenza italiana dove ci si confronta, appunto, su opzioni culturali diverse che riguardano i diversi standard probatori che occorre conseguire per poter condannare o prosciogliere”. Intanto per la Poggiali “penso che riparta una nuova vita anche se non credo che il processo finisca qui e ipotizzo che la Procura contestera’ questa decisione. Pero’ e’ chiaro che oggi – ha concluso Valgimigli – si e’ fissato un punto molto importante circa la ricostruzione della verita’. La Poggiali uscira’ dal carcere e verra’ restituita ai propri affetti e alla propria vita”. Sul fronte opposto, l’avvocato di parte civile, Maria Grazia Russo che rappresenta la figlia della paziente 78enne, parla di “un senso di grande dolore per la famiglia” di Rosa Calderoni. “Questa famiglia – ha aggiunto l’avvocato Russo – non ha mai puntato il dito contro nessuno e si e’ trovata, suo malgrado, coinvolta in questo procedimento. Il fatto di avere avuto due verdetti diametralmente opposti – ha concluso l’avvocato di parte civile – lascia un profondo senso di incertezza, su cosa sia successo, molto difficile da metabolizzare”.

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