Isis minaccia di colpire Israele se Hamas non ferma repressione

L’Isis minaccia di colpire Israele dopo che Hamas ha arrestato nelle scorse settimane più di 100 sostenitori dello Stato islamico nella Striscia di Gaza e ieri ha ucciso un leader salafita locale. Nei giorni scorsi, il sito israeliano Debka ha denunciato la presenza dei jihadisti dell’Isis nell’enclave palestinese, riferendo di posti di controllo e severe misure di sicurezza adottate da Hamas soprattutto a seguito della rivendicazione da parte dell’Isis dell’omicidio di un proprio esponente di spicco, Sabah Siam, ucciso la scorsa settimana. Se Hamas non smette di dare la caccia ai sostenitori dell’Isis – ha detto un esponente a Gaza dell’organizzazione jihadista Ansar Bait al-Maqdis, che rappresenta l’Isis nella penisola del Sinai – i miliziani non solo continueranno a prendere di mira Hamas, ma violeranno la tregua in vigore con Israele, con il lancio di nuovi razzi contro lo Stato ebraico.

La minaccia è stata accompagnata dalla consegna al sito americano WND (vicino alla destra Usa) del video di rivendicazione del lancio di un razzo contro Israele, il 26 maggio scorso, dalla Striscia di Gaza. Un attacco subito condannato da Hamas dalle colonne della stampa israeliana, perchè “contrario agli interessi delle fazioni palestinesi della Striscia di Gaza e contro i nostri interessi nazionali”. Se Ansar Bait al-Maqdis rappresenta l’Isis in Egitto, a Gaza è attiva una sua cellula, nota come i “Sostenitori dello Stato islamico di Gerusalemme”. Questo gruppo è nato nel 2014 da contatti tra i salafiti che risiedono a Gaza e i jihadisti della penisola del Sinai. L’organizzazione ha presentato una lista di richieste ad Hamas: il rilascio di tutti i “mujahedeen, predicatori, studenti, detenuti e ostaggi” alleati all’Isis; la fine di quella che è stata definita “l’istigazione attraverso i media” e “la guerra di menzogne e distorsioni” contro i sostenitori dell’Isis; il riconoscimento ai salafiti dei loro “diritti legittimi”, incluso quello di portare armi e di impegnarsi in campagne di sostegno umanitario e di supporto alla causa del popolo palestinese. Già il 28 maggio scorso, secondo il sito Debka, il braccio dell’Isis nella penisola del Sinai ha minacciato di colpire “nei prossimi giorni” il porto di Eilat, nel Sud di Israele, in concomitanza con un attacco da parte della branca dell’Isis presente a Gaza contro il braccio armato di Hamas, le Brigate Ezzedin Al-Qassam, per così prendere il controllo di tutta la Striscia di Gaza.

Sono settimane che Hamas ha inasprito le misure contro i gruppi salafiti presenti a Gaza, considerati sempre più una minaccia, sebbene il loro numero sia ancora piuttosto contenuto contro i circa 35.000 uomini della sicurezza. E ieri, per la prima volta, ha ucciso un leader salafita locale, Younis al-Honnor, 27 anni, in uno scontro a fuoco scoppiato durante l’operazione per il suo arresto. Secondo le autorità di Gaza, nella casa dell’uomo sono state trovate “cinture esplosive, ordigni e lanciagranate”. Prima di essere ucciso avrebbe tentato di farsi saltare in aria. E testimoni presenti al suo funerale hanno raccontato che l’uomo è stato sepolto con la bandiera nera dell’Isis. Di fatto, la Striscia di Gaza è oggi “una polveriera”, ha denunciato lunedì scorso il ministro degli Esteri tedesco, Frank-Walter Steinmeier, a fronte di disperate condizioni economiche, assenza di ricostruzione dopo la guerra della scorsa estate con Israele, blocco imposto da Israele ed Egitto, lotte intestine palestinesi, attacchi nel vicino Sinai e richiamo del jihadismo su una gioventù costretta in un territorio angusto in cui vivono 1,8 milioni di persone.

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