Italia, livelli di fecondità “molto bassi”

28 maggio 2014

L’Italia e’ un paese a livelli di fecondita’ ”molto bassi” dove si fanno sempre meno figli e sempre piu’ tardi e dove la quota piu’ elevata della spesa per la protezione sociale e’ destinata alla previdenza, mentre quella per la prima infanzia e’ frammentaria rendendo, in sostanza, piu’ agevole mettere al mondo un figlio se si vive nel nord del paese, piuttosto che al sud. Eppure, e’ proprio qui che le famiglie restano piu’ numerose. E’ questa la fotografia scattata dall’Istat nel suo rapporto annuale 2014, pubblicato oggi. Nel nostro paese ”persistono livelli di fecondita’ molto bassi”, in media 1,42 figli per donna nel 2012, rispetto a una media di 1,58. Dal 2008 si e’ invertito il trend di crescita della natalita’ in atto dal 1995. Nel 2013 – scrive l’Istat – si stima che saranno iscritti in anagrafe per nascita poco meno 515mila bambini, circa 64mila in meno in cinque anni e 12mila in meno rispetto al minimo storico del 1995. Le donne italiane, infatti, fanno pochi figli (in media 1,29 per donna) e sempre piu’ tardi (a 31 anni in media il primo figlio). Inoltre sono sempre meno numerose, per via dell’esperienza riproduttiva delle ‘baby-boomers’ e, piu’ in generale, delle nate fino alla meta’ degli anni ’70. In termini numerici, queste genrazioni sono circa il doppio delle coorti di donne piu’ giovani che stanno entrando nel pieno della loro loro storia riproduttiva.

Ancora, pur mantenendosi su livelli di fecondita’ decisamente piu’ alti di quelli delle donne italiane, il numero medio di figli per donna delle cittadine straniere (2,37 nel 2012) e’ anch’esso in rapida diminuzione e il loro contributo alla fecondita’ complessiva della popolazione si va progressivamente riducendo. Non a caso l’Italia, pur essendo settima tra i 28 Pesi Ue per la spesa per la protezione sociale (29,7% del Pil contro il 29% della media Ue) e’ anche uno dei paesi che destinano la quota piu’ elevata alla presidenza (oltre il 52% della spesa sociale del 2011 contro il 40% delle media Ue28). Altro riflesso del trend negativo della natalita’ e’ quello che vede in diminuzione la dimensione delle famiglie, nonostante l’Istat rilevi in aumento il numero dei nuclei familiari in termini assoluti. Dal 2006 al 2013 il numero totale delle famiglie cresce del 7,6%, passando da 23 milioni (in media 2006-2007) a 25 milioni (inmedia 2012-2013).

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Contemporaneamente, prosegue la diminuzione del numero medio di componenti per famiglia che si attesta nel 2011 a 2,4, con punte massime in Campania (2,8) e minime in Liguria (2,1). Eppure, in un quadro di ”ampi divari territoriali” dell’offerta di asili nido e di servizi integrativi per la prima infanzia da parte dei Comuni, e’ proprio al sud che la situazione e’ piu’ svantaggiata. I bambini che usufruiscono di asili nido comunali o finanziati dai Comuni variano dal 3,5% del sud al 17,1% del nord-est, mentre la percentuale dei Comuni che garantiscono la presenza del servizio varia dal 24,3% del sud a ben l’82,6% del nord-est.

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