La caduta di Berlusconi, gli Stati Uniti sapevano delle pressioni di Merkel e Sarkozy

La caduta di Berlusconi, gli Stati Uniti sapevano delle pressioni di Merkel e Sarkozy
24 febbraio 2016

di  Carlantonio Solimene

I servizi interni americani ascoltavano le telefonate di Silvio Berlusconi e dei suoi più stretti collaboratori tra il 2010 e il 2011. Nei due anni, cioè, che portarono alla caduta del premier con la complicità di istituzioni nazionali ed estere. Da ieri, con le ultime rivelazioni su Wikileaks pubblicate da L’Espresso, si sa che gli Usa, se pure non parteciparono attivamente al “complotto”, di certo erano a conoscenza delle pressioni di Merkel e Sarkozy sul presidente del Consiglio italiano. “Un incontro tenutosi il 22 ottobre tra Merkel, Sarkozy e Silvio Berlusconi -si legge in un rapporto dell’ottobre 2011 – è stato definito nei giorni seguenti come teso ed estremamente duro verso il governo di Roma dal consigliere personale per le relazioni internazionali del primo ministro italiano, Valentino Valentini. Merkel e Sarkozy, che evidentemente non tolleravano scuse sull’attuale situazione difficile dell’Italia, hanno fatto pressioni sul primo ministro affinché annunciasse forti e concrete misure per dimostrare che il suo governo è serio sul problema del debito”.

E ancora: “Sarkozy avrebbe detto a Berlusconi che le istituzioni finanziare italiane potrebbero saltare in aria “come un tappo di champagne”“. L’ultimo capitolo di Wikileaks, oltre ad aprire interrogativi inquietanti (questi file sono solo l’antipasto di ciò che sarà pubblicato nei prossimi giorni? Negli ultimi anni la prassi delle intercettazioni è proseguita o finita con l’addio di Berlusconi?) ha provocato lo sdegno delle forze politiche italiane. E mentre la presidente della Camera Laura Boldrini ha lamentato l’”inaccettabile azione di spionaggio” e ha invitato gli Usa a “fornire alle autorità italiane chiarimenti convincenti sull’intera vicenda”, il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha convocato alla Farnesina l’ambasciatore Usa in Italia John Phillips. Quest’ultimo avrebbe assicurato il cambio di rotta imposto dall’amministrazione Obama sulla riservatezza delle conversazioni telefoniche. Il portavoce del dipartimento di Stato americano Mark Toner, invece, ha detto che “non conduciamo attività di sorveglianza a meno che non vi sia una specifica e valida ragione di sicurezza nazionale. Negli altri casi, non monitoreremo le comunicazioni di capi di Stato e di governo dei nostri amici e alleati”. All’epoca c’erano motivi di sicurezza? È una delle tante questioni da chiarire. Non a caso sono in tanti, specie da Forza Italia, a chiedere in Parlamento una commissione d’inchiesta che faccia luce sul biennio più controverso della recente storia italiana.

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