Un Parlamento compatto
La proposta di legge è stata approvata senza voti contrari: 227 sì in Aula. Il nuovo impianto normativo introduce la nozione di consenso come criterio fondamentale per qualificare il reato di violenza sessuale, spostando l’asse della responsabilità penale dalla prova esclusiva di coercizione fisica o minaccia alla presenza, o meno, di un consenso effettivo e contestuale all’atto.
L’iniziativa nasce da un accordo che ha coinvolto maggioranza e opposizione: l’emendamento presentato in commissione Giustizia dalle relatrici Michela Di Biase (PD) e Carolina Varchi (FdI) ha trovato il sostegno della presidente del Consiglio e della segretaria del PD e ha così ricevuto il via libera dell’Aula.
Il consenso come architrave della nuova disciplina
Il fulcro della riforma è la formulazione del requisito del “consenso libero e attuale”. Qualunque atto sessuale posto in essere in assenza di tale consenso configura, secondo il testo, violenza sessuale. Con questo approccio il legislatore intende adeguare la normativa agli standard internazionali e alle raccomandazioni della Convenzione di Istanbul.
La scelta normativa mira a ridurre i margini di discrezionalità interpretativa che, in passato, hanno generato decisioni giudiziarie percepite come controverse nei casi in cui la violenza non fosse manifestamente evidente ma vi fossero dinamiche manipolative o predatori comportamenti che comunque escludevano un consenso reale.
Le reazioni
Per la segretaria del PD, Elly Schlein, il voto rappresenta “una piccola grande rivoluzione culturale”: per la prima volta infatti la legge italiana recepisce esplicitamente il principio della libertà del consenso. Schlein ha sottolineato il valore simbolico e pratico di un’azione parlamentare che ha saputo mettere da parte le divisioni politiche.
La relatrice Carolina Varchi (FdI) ha definito la riforma «indispensabile per tutelare la libera autodeterminazione della persona», specificando che il consenso deve essere “libero, attuale ed effettivo: non simulato, non viziato e sempre contestuale alla condotta”.
Una risposta a criticità giuridiche emerse negli ultimi anni
Nel dibattito pubblico e nella giurisprudenza delle ultime due decadi sono emerse criticità legate all’interpretazione dell’articolo 609-bis: in diversi casi la mancanza di una definizione chiara del consenso ha reso più complessa l’individuazione del perimetro del reato. La riforma intende offrire alle procure e ai giudici un criterio normativo più netto per valutare i casi in cui la dinamica sessuale si basi su pressioni psicologiche, inganni o condizioni di vulnerabilità.
Le relatrici hanno dichiarato l’intenzione di ridurre il ruolo centrale che, in alcuni processi, è stato attribuito alla valutazione della credibilità della persona offesa, orientando invece l’analisi sulla verifica della presenza — o meno — di un consenso effettivo.
Il testo riformato dell’articolo 609-bis
“Chiunque compie o fa compiere o subire atti sessuali ad un’altra persona senza il consenso libero e attuale di quest’ultima è punito con la reclusione da sei a dodici anni.
Alla stessa pena soggiace chi costringe taluno a compiere o a subire atti sessuali con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità ovvero induce taluno a compiere o a subire atti sessuali abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica o di particolare vulnerabilità della persona offesa al momento del fatto o traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.
Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi.”
La formulazione mantiene sanzioni severe per i casi in cui il rapporto sia imposto con violenza, minaccia, abuso di autorità o approfittando di condizioni di inferiorità, aggiungendo al contempo la nozione esplicita di assenza di consenso quale elemento sufficiente per qualificare il reato.
Prova di buona prassi istituzionale
L’approvazione unanime è stata letta dalle relatrici come una prova di responsabilità istituzionale: “Il Parlamento ha saputo far prevalere ciò che unisce su ciò che divide”, ha osservato Varchi, richiamando la volontà di portare a compimento un intervento non ideologico ma funzionale alla protezione dei diritti fondamentali.
Diversi esponenti della maggioranza e dell’opposizione hanno auspicato che il passaggio al Senato si svolga senza interventi che modifichino la sostanza della norma, così da rendere la riforma operativa nel minor tempo possibile.
Con il voto favorevole della Camera il disegno di legge approda ora a Palazzo Madama per la seconda lettura. I gruppi parlamentari hanno espresso l’intenzione di accelerare l’iter, auspicando che il testo venga approvato senza modifiche sostanziali e sia dunque promulgato in tempi brevi.