La Madia salva gli statali: “Non applichiamo ricette semplicistiche, per loro niente Jobs Act”

Gli statali italiani possono dormire sonni tranquilli. A rassicurarli ci ha pensato il loro capo ovvero il ministro della Pubblica amministrazione e della Semplificazione, Marianna Madia che ha ribadito nel corso di un question time alla Camera che “la sentenza della Cassazione di cui si è diffusamente parlato negli ultimi giorni andrebbe letta in modo più approfondito. Tale sentenza stabilisce che il lavoratore va reintegrato, ma, al di là della singola pronuncia, ribadisco quello che ho sempre detto: non applichiamo il Jobs act al pubblico impiego”. La Madia ha aggiunto che “non applichiamo ricette semplicistiche volte a importare dal mondo del lavoro privato una previsione normativa che solo nel privato può trovare applicazione. Ciò non significa non sanzionare chi fa male, tutt’altro. Nella delega è presente un criterio fondamentale per riuscire a garantire, una volta per tutte, esiti concreti e la conclusione dei procedimenti disciplinari e a fare in modo che chi sbaglia venga sanzionato. I procedimenti disciplinari, così come introdotti da Renato Brunetta, non funzionano perché sono troppo complicati. Noi ci faremo carico di fare in modo che i procedimenti disciplinari funzionino, ma allo stesso tempo non possiamo non considerare che c’è una differenza sostanziale tra il datore di lavoro pubblico e il datore di lavoro privato”.

“Il datore di lavoro privato – ha detto ancora la Madia  – ragiona infatti con sue risorse, mentre il datore di lavoro pubblico ragiona con risorse della collettività. Questo significa che, nel caso in cui si riscontrasse un vizio nel licenziamento, la collettività non solo vedrebbe allontanato in modo sbagliato un lavoratore che ha fatto un concorso (il quale dovrebbe poi essere sostituito reclutando un altro lavoratore a cui far fare un altro concorso)- ha spiegato il ministro -, ma assisterebbe anche alla corresponsione al lavoratore licenziato di un’indennità attingendo a risorse della collettività. Alla fine vi sarebbe quindi un doppio danno per la collettività. Credo che non possiamo non considerare questi elementi e dobbiamo quindi farci carico di una cultura vera della responsabilità premiando chi fa bene e sanzionando chi fa male”.

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