Politica

La proposta dell’Ue sui migranti: piattaforme di sbarco regionali

Secondo la bozza di conclusioni del Consiglio europeo di Bruxelles del 28 e 29 giugno, i capi di Stato e di governo dell’Ue potrebbero sostenere una nuova soluzione per mettere sotto controllo il fenomeno dell’immigrazione illegale, basandosi sulle cosiddette “Regional disembarkation platforms”, o “Piattaforme regionali di sbarco”, molto probabilmente situate all’esterno dell’Unione, che raccoglierebbero i migranti soccorsi in mare e individuerebbero rapidamente quelli con titolo alla protezione internazionale, distinguendoli dai migranti economici.

La bozza, elaborata dal presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, è particolarmente scarna di dettagli su questo punto, ma, sembra cominciare a prendere in considerazione le proposte di diversi Stati membri, a partire da Austria e Danimarca, che chiedevano di stabilire dei veri e propri campi profughi fuori dall’Ue, nei Balcani e in Nord Africa (Tunisia). Proposte a cui la Commissione europea, va ricordato, si era detta finora contraria. “Per stabilire un contesto più prevedibile riguardo a coloro che si mettono in mare” nonostante la lotta dei paesi Ue contro l’immigrazione illegale, “e che sono soccorsi nelle operazioni di ricerca e salvataggio – si legge nella bozza – il Consiglio europeo sostiene lo sviluppo del concetto di piattaforme regionali di sbarco, in stretta cooperazione con l’Unhcr (l’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati, ndr) e l’Oim (l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, ndr). Queste piattaforme, attraverso un processo rapido, dovrebbero distinguere fra migranti economici e quelli che hanno bisogno di protezione internazionale, e ridurre l’incentivo a imbarcarsi per viaggi pericolosi”.

Sarà lo stesso Tusk a spiegare ai capi di Stato e di governo (a cominciare dall’italiano Giuseppe Conte, che vedrà domani) come si possa sviluppare il concetto di “piattaforme regionali di sbarco”, per cercare di conciliare le diverse posizoni in seno al Consiglio europeo e con la Commissione. Proprio questo pomeriggio, in un breve punto stampa a margine di un suo incontro con i ministri dell’Interno di Austria, Bulgaria e dei paesi dei Balcani Occidentali, il commissario Ue alla Politica dell’Immigrazione, Dimitris Avramopoulos, ha ribadito che la questione dei campi profughi esterni all’Ue non è stata discussa, neanche nella riunione di oggi, con i paesi che dovrebbero eventualmente ospitare queste strutture. “Conoscete un solo paese extra Ue che abbia espresso il desiderio di avere uno di questi campi sul suo territorio?” ha chiesto il commissario ai cronisti. “Finora – ha aggiunto – non è stata una proposta concreta; ma se sarà posta un discussione, ne discuteremo”.

Giovedì 14 giugno, anche l’Alto Rappresentante per la Politica estera e di Sicurezza comune Federica Mogherini aveva criticato la proposta dei campi profughi “esterni”, sottolineando che lo sforzo attuale di cooperazione dell’Ue con i paesi di origine e di transito dei migranti “è un modello utile da sostenere e da consolidare”, e che “sta portando risultati. Non credo – aveva concluso – che ci sia bisogno di inventare nuovi strumenti o nuovi modelli”. In che cosa potrebbe essere diversa, allora, e più accettabile anche per l’Esecutivo comunitario, la proposta di Tusk sulle piattaforme regionali di sbarco da quella dei campi profughi fuori dall’Ue? La Commissione dovrebbe discuterne domani, e Avramopoulos ha annunciato oggi che si spiegherà su questo giovedì, durante una conferenza stampa a Bruxelles. Nella bozza di conclusioni del Consiglio europeo, peraltro, si sottolinea come dall’esplosione della crisi migratoria nel 2015, le misure messe in opera dall’Ue abbiano raggiunto risultati importanti per conseguire un “controllo efficace delle frontiere esterne”, e come “il numero degli attraversamenti illegali registrati dele frontiere verso l’Ue sia stato ridotto del 95% rispetto al picco dell’Ottobre 2015”.

“L’Ue continuerà a sostenere l’Italia e aumenterà il proprio sforzo a sostegno della Guardia costiera libica, delle comunità costiere e del Sud della Libia, di condizioni di accoglienza umane e dei rimpatri volontari umanitari” si legge ancora nella bozza. Il documento si conclude con la richiesta di un ulteriore giro di vite contro i “movimenti secondari” dei richiedenti asilo, ovvero i viaggi verso altri paesi dell’Ue diversi da quello in cui risiedono. Un passaggio che sembra fatto apposta per rispondere alle preoccupazioni tedesche, che stanno creando tensioni in seno al governo di Angela Merkel. “Gli Stati membri dovrebbero prendere tutte le misure legislative e amministrative interne necessarie a contrastare questi movimenti e a cooperare fra loro a questo fine”, conclude il testo. askanews

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