Matteo Salvini
Un nuovo fronte politico scuote le fondamenta della Lega: il Patto per il Nord, guidato dall’ex deputato Paolo Grimoldi e sostenuto da figure storiche come Giancarlo Pagliarini e Roberto Castelli, si pone come alternativa alla linea nazionalista di Matteo Salvini. Accusando il leader leghista di aver abbandonato la causa autonomista per inseguire il Ponte sullo Stretto di Messina, il Patto si propone di ridare voce al Nord, tra consensi crescenti e polemiche roventi. Ma è davvero il ritorno della vecchia Lega o l’inizio di una nuova stagione politica?
Il Patto per il Nord, fondato il 13 ottobre 2024 a Vimercate, in Brianza, non è un partito, ma un’associazione che riunisce movimenti, sindacati e liste civiche accomunati dall’ideale federalista della Lega Nord di Umberto Bossi. Grimoldi, espulso da Salvini nel giugno 2024, guida questa confederazione con un obiettivo chiaro: colmare il vuoto politico lasciato dalla “Salvini Premier”, accusata di aver tradito le radici autonomiste per un’agenda centralista e meridionalista. “Mentre la ‘Salvini Premier’ sbandiera autonomia solo in prossimità delle elezioni, noi lavoriamo per strutturarci sul territorio”, ha dichiarato Grimoldi, annunciando l’apertura di sezioni e l’avvio del tesseramento, che ha già registrato un boom di adesioni, superando ogni aspettativa.
Al centro della critica del Patto c’è la gestione di Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture e leader della Lega, accusato di aver sacrificato le priorità del Nord per il faraonico progetto del Ponte sullo Stretto di Messina. “Quindici miliardi per un’opera simbolica, mentre le liste d’attesa nella sanità lombarda superano l’anno e le infrastrutture locali, come la Pedemontana o la Tremezzina, restano ferme”, tuona Grimoldi. Il riferimento è anche al passato: nel 2016, Salvini stesso definiva il Ponte un investimento inutile, sottolineando la necessità di potenziare le infrastrutture esistenti in Sicilia e Calabria. Oggi, il suo cambio di rotta è visto come un tradimento degli ideali originari della Lega Nord.
La nota del Patto non risparmia nemmeno il ministro per le Riforme Istituzionali, Roberto Calderoli, accusato di inerzia sull’autonomia. Citando Umberto Bossi, il Patto ricorda che “i voti non si contano, si pesano”, sottolineando la credibilità che il fondatore della Lega aveva conquistato con il 4% nel 2001, rispetto ai risultati modesti di Salvini, nonostante il 34% alle Europee del 2019. “Calderoli accusa implicitamente Salvini di incapacità”, si legge nella nota, che dipinge il leader leghista come un politico più attento alle alleanze sovraniste internazionali che alle esigenze dei territori settentrionali.
Per ora, il Patto per il Nord si definisce un’associazione, non un partito. Tuttavia, la sua ambizione è chiara: strutturarsi sul territorio, aprire sezioni in Lombardia, Piemonte e Liguria, e diventare un punto di riferimento per i delusi della Lega. Grimoldi non esclude una futura evoluzione in forza politica, ma per il momento si concentra sul radicamento locale. La presenza di figure come Roberto Castelli e l’appoggio, seppur non ufficiale, di Umberto Bossi, rafforzano il richiamo alle origini del Carroccio. Il simbolo, con Pinamonte da Vimercate al posto di Alberto da Giussano, è un omaggio alla storia autonomista lombarda, ma anche una sfida diretta a Salvini.
Il Patto non si limita a criticare l’agenda politica di Salvini, ma ne evidenzia le contraddizioni interne. Grimoldi punta il dito contro la “debolezza” del leader, che accusa di incoerenza: “Sostengono che la nostra tessera sia incompatibile con la Lega, ma come la mettono con l’associazione di Vannacci, che ha portato voti cruciali alle Europee?”. Il riferimento al generale Roberto Vannacci, figura controversa ma elettoralmente preziosa per la Lega, sottolinea le tensioni interne al partito, diviso tra la base storica e la nuova linea nazionalista.
Con le elezioni regionali all’orizzonte, il Patto per il Nord si prepara a capitalizzare il malcontento di chi vede nella Lega di Salvini un partito lontano dalle sue radici. La protesta di Argegno, sul Lago di Como, con striscioni come “Prima la Regina, poi Messina”, ha già attirato l’attenzione di turisti e media, segnalando un movimento che non intende restare confinato. Riuscirà il Patto a trasformare il dissenso in una forza politica credibile? O sarà solo un’eco nostalgica della Lega di Bossi? Il Nord, per ora, osserva e aspetta, mentre il dibattito sull’autonomia torna a infiammarsi, lasciando aperto un interrogativo: chi rappresenta davvero gli interessi settentrionali in un’Italia sempre più polarizzata?