La svolta dell’europarlamento: riconoscere la Palestina. L’appello di Bruxelles ai 27 Paesi Ue
Per la prima volta l’assemblea europea prende posizione netta sulla crisi di Gaza: condanna il blocco degli aiuti, chiede il cessate il fuoco. Il testo è segnato da compromessi e divisioni interne ma è comunque un passo avanti nella linea europea
Parlamento europeo
Per la prima volta nella sua storia, il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione sulla crisi nella Striscia di Gaza. Un testo dal titolo eloquente – “Gaza al punto di rottura: azione dell’Ue per contrastare la carestia, necessità urgente di liberare gli ostaggi e di procedere verso una soluzione fondata sulla coesistenza di due Stati” – che segna una presa di posizione più netta rispetto alla cautela mostrata finora da Commissione, Consiglio e Stati membri.
Il documento, approvato con 305 voti favorevoli, 151 contrari e 122 astensioni, è frutto di un compromesso: il testo originario, promosso da Socialisti e Democratici, Verdi e Liberali di Renew, è stato ammorbidito da una serie di emendamenti, in gran parte presentati dal Partito Popolare Europeo. Nonostante ciò, resta un segnale politico forte: l’Europarlamento invita esplicitamente gli Stati membri a riconoscere la Palestina.
La risoluzione denuncia la “catastrofica situazione umanitaria” nella Striscia, condanna “con forza” il blocco degli aiuti imposto da Israele – ritenuto responsabile della carestia nel Nord di Gaza – e chiede un cessate il fuoco immediato e permanente, insieme all’apertura di tutti i valichi di frontiera per consentire l’ingresso degli aiuti.
Pressioni su Israele e Hamas, tra condanne e richieste di sanzioni
Il testo sollecita il ripristino urgente del mandato e dei finanziamenti all’Unrwa, l’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, sottoponendola però a controlli stringenti. Bocciato l’attuale sistema di distribuzione degli aiuti, giudicato inefficace.
Gli eurodeputati si dicono “particolarmente allarmati” dalle gravi carenze alimentari e chiedono accesso pieno e sicuro a cibo, acqua, medicinali e ripari, oltre al ripristino delle infrastrutture vitali. Sul fronte della sicurezza, il Parlamento chiede il rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi israeliani detenuti a Gaza, esercitando pressioni su Hamas.
La risoluzione condanna i “crimini barbari” del gruppo palestinese e invoca sanzioni concrete, riaffermando il diritto di Israele all’autodifesa “nel rispetto del diritto internazionale” e il suo ruolo di partner strategico nella lotta al terrorismo. Ma avverte: tale diritto “non può giustificare un’azione militare indiscriminata” e denuncia l’uso di civili come scudi umani da parte di Hamas.
Sospensione di accordi e indagini sui crimini di guerra
Il Parlamento sostiene la decisione della presidente Ursula von der Leyen di sospendere parte dell’Accordo Ue-Israele in materia commerciale e il sostegno bilaterale a Tel Aviv. Chiede inoltre indagini complete su tutti i crimini di guerra e le violazioni del diritto internazionale, senza limitarsi a un solo attore del conflitto.
Nel paragrafo 22, l’Aula appoggia le sanzioni Ue contro coloni e attivisti israeliani violenti in Cisgiordania e a Gerusalemme Est, invitando a estenderle anche a due ministri israeliani di estrema destra, Bezalel Smotrich e Itamar Ben-Gvir.
Sul piano politico, l’Europarlamento spinge per passi concreti verso la soluzione dei due Stati, con la smilitarizzazione di Gaza, l’esclusione di Hamas dal governo e il ritorno di un’Autorità nazionale palestinese riformata. La creazione di uno Stato palestinese viene definita “strumento fondamentale” per la pace e la sicurezza di Israele.
Le parole cancellate e il peso degli emendamenti
Il dibattito in Aula ha prodotto modifiche significative: è stata eliminata la parola “genocidio” dal testo, pur mantenendo il riferimento al procedimento in corso alla Corte internazionale di Giustizia.
Un emendamento del PPE ha sostituito la condanna diretta delle operazioni militari israeliane con una formula più attenuata, mentre altri due hanno rimosso critiche esplicite alla Commissione e al Consiglio per la loro presunta inazione.
Il risultato finale è un testo che, pur segnando un cambio di passo nella posizione dell’Europarlamento, porta i segni evidenti di un compromesso politico. Un equilibrio fragile, che riflette le profonde divisioni interne all’Unione sulla gestione della crisi in Medio Oriente.
