La telemedicina, un’arma in più per il trattamento dell’epilessia

7 ottobre 2020

Video-consulti, app, e-portal e device: la pandemia da Covid-19 ha accelerato l impiego della telemedicina nella cura delle persone con epilessia. Ben l 83% di epilettologi, neurologi e neuropsichiatri infantili, infatti, ha utilizzato sistemi da remoto per monitorare le condizioni dei propri pazienti e garantire una corretta aderenza terapeutica. A dimostrarlo un indagine internazionale presentata in occasione del Simposio “Dall esperienza all evidenza clinica: alla scoperta di nuove sinergie”, promosso da UCB Italia nell ambito del 43° Congresso Nazionale LICE – Lega Italiana contro l Epilessia.

Secondo il professor Oriano Mecarelli la trasformazione digitale, e in particolare la telemedicina, rappresenta una grande opportunità per migliorare il trattamento dell’epilessia. Anche perché, secondo il presidente di Lice, è molto importante l’automonitoraggio del paziente da casa. “Il selfmanagement nell’ambito della cura dell’epilessia è un aspetto fondamentale. E’ necessario che il medico e la struttura sanitaria educhino il paziente ad utilizzare portali dedicati, sistemi per comunicare con il curante e che metta a disposizione del paziente dei device indossabili che il paziente porta con nella vita quotidiana e che in alcuni casi lo possano addirittura informare dell’arrivo di una crisi epilettica. Ecco quando riusciremo a fare tutto questo probabilmente la cura dell’epilessia migliorerà di molto”, ha spiegato.

L’adozione di nuove tecnologie rende possibile, poi, anche la raccolta di Real World Data, informazioni relative alla gestione della patologia nei contesti diversi e complessi della vita quotidiana dei pazienti. Tali informazioni contribuiscono a generare evidenza sul valore reale offerto alle persone, ovvero la cosiddetta Real World Evidence. “In questo ambito il reclutamento multicentrico e lavorare in network possono rappresentare delle strategie per migliorare e implementare la qualità degli studi”, come ha spiegato il neurologo Simona Lattanzi: “Un recente esempio di network nell’ambito della real world evidence è stato il Brivafirst. Uno studio osservazionale, retrospettivo, multicentrico, che ha coinvolto 60 centri in tutta Italia e oltre mille pazienti. Lo scopo dello studio era valutare l’effectiveness e la tollerabilità di uno dei farmaci antiepilettici di più recente introduzione sul mercato. I risultati generali dello studio, e in particolare quelli derivanti dall’analisi per sottogruppi, si sono mostrati molto interessanti e hanno offerto informazioni molto utili per tutti coloro che nella pratica clinica devono trattare pazienti affetti da epilessia farmacoresistente”, ha spiegato.

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Nei Paesi industrializzati l’epilessia colpisce circa una persona su 100 e interessa oltre 500.000 persone solo in Italia. Le terapie farmacologiche sono molto efficaci. Solo per un 30 per cento di casi i farmaci riducono la frequenza delle crisi senza sopprimerle completamente. Emilio Perucca, professore Ordinario di Farmacologia all’Università di Pavia. “La sfida principale rimane quella di avere migliori prospettive terapeutiche per quel terzo di persone che non risponde alle terapie attualmente disponibili. I farmaci che oggi abbiamo sono diretti a sopprimere le crisi, cioè il sintomo, ma non vanno a influire sulla malattia sottostante. Ci sono degli studi in questo settore, persino anche in ambito di terapia genica”.

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