Le lobby, la minoranza e le poltrone. Ecco la forza di Renzi per arrivare dritto al 2018

Le lobby, la minoranza e le poltrone. Ecco la forza di Renzi per arrivare dritto al 2018
6 aprile 2016

La ripresa ‘mordi e fuggi’, le tasse che aumentano, i fondi all’estero dei potenti e dei Vip della Terra nel dossier panamense, lo ‘sfruttamento’ dell’uomo sull’uomo grazie alla globalizzazione che delocalizza le produzioni e aggrava la crisi nei paesi tradizionalmente industriali e adesso anche in quelli emergenti, i consumi che non ripartono e l’occupazione che non c’è. Questo il quadro variopinto che chi comanda il mondo sta lasciando alle generazioni future: pochi ricchissimi e tutto il mondo poverissimo. E l’Italia non fa eccezione, anzi tutti i dati, alla faccia delle riforme di Renzi (vere o fasulle), non danno alcuna indicazione che la situazione migliorerà. Dalla riforma del lavoro – che sembra rivelarsi solo un favore alle multinazionali che tra l’altro non investono nel nostro Paese – alla riforma della Sanità (più che altro in via telematica) che sembra solo scardinare il rapporto medico-cittadino, addossando le colpe ai camici bianchi degli sprechi (responsabilità probabilmente divise con il mondo dei manager e delle multinazionali del farmaco e dei prodotti parafarmaceutici) così da eliminare l’aspetto sostanziale perché è nata l’assistenza sanitaria pubblica. Ma lui, Renzi, è contento di quello che fa. Lui con il suo entourage va avanti come un treno, anzi come un bulldozer per demolire lo stato sociale, lo stato lavorativo, lo stato sanitario, lo stato produttivo che esisteva in Italia. Questo è il succo delle riforme? Mah, chi vivrà vedrà.

Anche il presidente dell’Inps se la prende coi pensionati che vivono troppo a lungo perché, a detta sua, nei decenni passati si è agito troppo con manica larga, e rischiano di far saltare i conti dell’istituto di previdenza. Per poi scoprire che i tre quarti dei pensionati non riceve nemmeno 750 euro al mese. Si ha l’impressione che l’ex sindaco di Firenze voglia rottamare l’Italia. E se così fosse, sarebbe la vera e unica sua rottamazione. Bella o brutta che sia e con tutte le storture che possano esserci state per i decenni trascorsi, dal 1925 al 2011, l’Italia ha cercato di difendere quel modo di essere italiano: sia del nord, che del centro che del sud, isole comprese per affrontare le problematiche territoriali che poi hanno determinato scelte che oggi vengono definite inopportune. Dall’insediamento di Monti a premier, ‘eletto’ senatore a vita dal presidente Napolitano per i grandi servizi resi alla Patria (Merkel docet), che doveva servire a smantellare l’Italia nel proprio modo di essere per fare spazio a chi deve depredarla e saccheggiarla nel modo più barbaro, sembra che siano ritornati i tempi degli Unni (le multinazionali).

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Renzi, sempre tramite Napolitano, riceve la staffetta da Monti dopo aver fatto lo “sgambetto” al suo compagno di partito, Letta. Emblematica la sua frase: “Enrico vai avanti, siamo con te. Stai sereno.” Il giorno dopo lo ha silurato. Ma il premier non se ne fa una colpa, anzi, sembra farsene un vanto. D’altronde sa benissimo che può contare su un’orda di personaggi (deputati, senatori, ministri, sottosegretari e ecc.) senza alcuna fede e senza alcun credo né appartenenza, che pur di stare attaccati alle poltrone e al potere politicamente vendono e tradiscono chiunque. Renzi lo sa bene che può fare affidamento su loro, oltre che sui ‘poteri forti’ nostrani, anche se lui dice che sono contro il suo governo, e sa bene anche che la sua minoranza (Speranza, Fassino, D’Alema, Cuperlo e ecc.) non ha gli attributi per mandarlo a casa. Anzi, la fronda ha paura del dopo Renzi e non intende fare salti nel buio. Come dire: meglio un leader pigliatutto e che possa garantire la rielezione che stare dalla parte dei cittadini. E intanto l’Italia e gli italiani vanno sempre più a fondo. Ma questa è un altra storia. MRD

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