Politica

Lega e Nuova Dc, nozze Politiche nel segno del Sud: Salvini punta su Cuffaro per il 2027

Salvatore Cuffaro e Matteo Salvini

Roma guarda a Sud, e la Lega di Matteo Salvini — ormai sempre più distante dalle nebbie del Po e sempre più immersa nel sole dell’Agrigentino — sigla un patto di ferro con la Nuova Democrazia Cristiana di Totò Cuffaro. L’accordo, sancito durante la Festa dell’Amicizia a Ribera, non è un semplice esperimento elettorale: è un atto politico pesante, una mossa strategica che ridisegna la geografia del centrodestra in vista delle Politiche del 2027.

A benedirlo, non a caso, è stato Claudio Durigon, uno dei colonnelli più ascoltati del Carroccio e portavoce interno della linea salviniana “meridionalista”.
Un’intesa che vale a Roma ma non a Palermo, segno di quella “geometria variabile” che da sempre accompagna le grandi manovre di potere. È la Lega che cerca il Sud, ma è anche il Sud che, attraverso Cuffaro, si riprende un pezzo del suo protagonismo politico nazionale.

Il ritorno di Cuffaro e la scommessa del Carroccio

Totò Cuffaro, ex governatore condannato per favoreggiamento aggravato alla mafia e poi riabilitato, torna così sulla scena politica nazionale con la leggerezza del veterano e l’ambizione del redivivo. Dopo la porta sbattuta in faccia da Forza Italia alla vigilia delle Europee del 2024, il leader della Nuova DC trova in Salvini un interlocutore disposto ad ascoltare — e soprattutto a scommettere.

“Sì, correremo insieme nel 2027. Faremo un grande risultato”, ha annunciato Cuffaro dal palco, tra gli applausi del suo popolo e le smorfie dei più scettici. Non un’alleanza di comodo, ma una sfida identitaria: conquistare seggi a Montecitorio, più che a Sala d’Ercole. E subito, il leader democristiano ha giocato la carta della memoria storica, ricordando ai presenti che “la Lega in Sicilia è fatta da ex democristiani”. Sammartino, Turano, Figuccia: nomi, volti, storie che riportano la politica isolana agli anni in cui la DC era il perno di ogni equilibrio. “Non è un’alleanza tra estranei”, ha rivendicato Cuffaro, “ma un ritorno a casa”.

Dal Po al Belìce: la Lega cambia pelle

Il Carroccio di oggi non è più quello dei gazebo contro “Roma ladrona”. Lo sa bene Durigon, che a Ribera ha vestito i panni del pontiere culturale, quasi giustificandosi: “Anch’io vengo da una famiglia democristiana”. Una frase che fotografa meglio di mille analisi la metamorfosi genetica del partito di Salvini: dalla Lega Nord alla Lega dei territori, dal federalismo padano al radicamento meridionale.

È una svolta politica, ma anche ideologica. Il patto con Cuffaro rappresenta il suggello definitivo di una trasformazione che fino a pochi anni fa sarebbe stata impensabile. La Lega, per allargare il proprio perimetro elettorale, accetta di stringere la mano a un ex leader scomodo ma elettoralmente pesante. In cambio ottiene un piede ben piantato nel bacino meridionale, dove il consenso si misura più con le reti personali che con le ideologie.

L’operazione Sammartino e il pragmatismo siciliano

Emblema di questo nuovo asse è Luca Sammartino, il più votato alle Regionali del 2022, oggi assessore all’Agricoltura nel governo Schifani. Il suo ritorno in giunta è stato reso possibile proprio da un accordo tacito tra il governatore e Cuffaro, con la DC a fare da stampella decisiva. Sammartino è la prova vivente che la frontiera tra Lega e democristianesimo siciliano non è mai stata davvero chiusa. Un laboratorio politico che Salvini osserva con attenzione, consapevole che i voti del Sud non si conquistano con i simboli, ma con le reti e le alleanze.

L’accordo a geometria variabile e i nodi del centrodestra

L’intesa Lega–DC vale per le Politiche nazionali, ma non si estende automaticamente alle dinamiche siciliane. Una distinzione che rivela la cautela di Salvini: evitare di aprire fronti interni con gli alleati locali e, al tempo stesso, tenere le mani libere per trattare in futuro.

A rendere appetibile l’accordo, del resto, è il capitale elettorale che Cuffaro porta in dote: 114 mila voti raccolti alle Regionali. Un bottino che, in un sistema proporzionale, può valere più di un ministero. Forza Italia, invece, quel forziere lo ha lasciato chiuso.

Forza Italia e il veto del Nord azzurro

La scelta di Salvini contrasta apertamente con la linea di Antonio Tajani. Alla vigilia delle Europee 2024, Forza Italia aveva posto un veto netto su qualsiasi accordo con la DC di Cuffaro. La capolista Caterina Chinnici — ex magistrato, simbolo dell’antimafia istituzionale ed ex Pd — aveva opposto un rifiuto personale e politico, costringendo anche Renato Schifani, presidente della Regione, ad allinearsi ai voleri di Roma.

La parola d’ordine di Tajani era stata chiara: nessun dialogo con chi porta una condanna per mafia, riabilitazione o meno. Salvini, invece, ha scelto di spostare l’asse: meno moralismo, più realpolitik.

La nuova mappa del potere nel centrodestra

Con il patto Cuffaro–Salvini, la Lega certifica la sua metamorfosi in partito nazionale, pronto a contendere al Sud lo spazio che Forza Italia non sa più presidiare. È il segnale di una guerra di posizione dentro il centrodestra, dove ogni voto conta e ogni alleanza diventa decisiva.

Cuffaro, da parte sua, rientra nel gioco grande della politica con la consueta spavalderia: da escluso a kingmaker, da “condannato” a interlocutore imprescindibile per chi vuole vincere. La nuova DC e la Lega, insieme, rappresentano il volto cangiante del centrodestra del futuro: pragmatico, territoriale, e disposto a sporcarsi le mani pur di restare al potere.

Pubblicato da
Gaetano Mineo