L’endometriosi colpisce oltre 3 milioni di donne. Lorenzin: “Sarà nei nuovi Lea”. I medici: “Si può combattere”

L’endometriosi colpisce oltre 3 milioni di donne. Lorenzin: “Sarà nei nuovi Lea”. I medici: “Si può combattere”
19 marzo 2016

endrometiosi donnadi Maria Grazia Elfio

Oggi, in occasione della giornata mondiale dell’endometriosi, oltre 50 città del mondo aderiscono a “Wordwide EndoMarch” marcia internazionale. L’iniziativa nata negli Stati Uniti coinvolge anche l’Italia, al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica verso una patologia che non soltanto è fortemente invalidante per la sintomatologia che la caratterizza, ma si colloca altresì tra le cause principali dell’infertilità. In Italia sono circa 3 milioni le donne che convivono con questa realtà, ma anche la Sicilia registra dati drammatici. La popolazione regionale siciliana residente al 1-1-2009 risulta di 5.037.799 unità (8,3% del totale nazionale), di cui 2.433.605 (48%) uomini e 2.604.194 (52%) donne; circa 25.000 di esse sono affette da questa malattia. L’endometriosi è una malattia cronica, invalidante, che ha un’incidenza stimata tra il 10 ed il 12% delle donne in periodo fertile. Se non curata precocemente e con efficacia può provocare importanti ricadute sia dal punto di vista fisico che psicologico, affettivo e relazionale. Malgrado, comunque, l’enorme numero di lavori pubblicati sull’argomento, sono ancora tantissimi gli aspetti poco chiari di tale patologia che continuano ad alimentare numerose linee di ricerca. La diagnosi, la terapia e soprattutto il follow up di queste pazienti – spesso giovanissime e comunque in periodo fertile – rimangono troppo spesso affidati a decisioni cliniche che appaiono poco aderenti alle indicazioni derivanti dall’analisi della letteratura. Questo provoca importanti ricadute negative dal punto di vista clinico, in termini di futuro riproduttivo e dolore pelvico cronico, e determina un gravoso ed inutile dispendio di risorse economiche (eccessivo ricorso a tecniche diagnostiche “pesanti”, inadeguata prescrizione di farmaci costosi, lunghi ricoveri ospedalieri per interventi laparotomici piuttosto che laparoscopici, migrazione di pazienti verso pochissimi centri ospedalieri o universitari specializzati, esagerato ricorso a tecniche di Procreazione Medicalmente Assistita, elevato numero di giornate lavorative perse). In altre parole una vera piaga sociale, che impone un’attenzione costante e la necessità di sostenere la battaglia di chi ogni giorno vive questo dramma.

E proprio nella giornata mondiale dell’endometriosi, il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, annuncia su Facebbok che la patologia sarà nei nuovi Lea (Livelli essenziali di assistenza). “Sono molto felice di poter dire oggi che è la giornata mondiale dedicata all’endometriosi che l’impegno che avevamo preso un anno fa con tutte le donne è stato mantenuto e che la promessa fatta è diventata realtà – spiega Lorenzin – con la conclusione dell’iter di aggiornamento dei nuovi Lea, questa patologia rientrerà infatti nell’elenco delle malattie croniche invalidanti che danno diritto all’esenzione”. Esiste a Palermo, ad esempio, un ambulatorio interamente dedicato al sostegno e alla cura delle pazienti affette da endometriosi (Ambulatorio per la diagnosi e cura dell’endometriosi), istituito nel marzo del 2003, presso la U.O.C. di Ginecologia e Ostetricia dell’Arnas (Azienda di Rilievo Nazionale e di Alta Specializzazione) Civico-Di Cristina- Benfratelli di Palermo, diretta da Luigi Alio. “I risultati di questi anni di attività sono stati davvero incoraggianti – dice Alio – in termini di pazienti affluite presso l’ambulatorio dedicato sito preso la nostra Unità, circa i nuovi casi diagnosticati e gli interventi chirurgici eseguiti; questo ha contribuito ad aiutarci a diffondere un messaggio culturale importante, sia all’interno della società scientifica, attraverso il ricorso a pubblicazioni scientifiche, corsi e congressi – e in questo quadro si inserisce anche l’evento a respiro internazionale dedicato a “Endometriosi e Sterilità” che stiamo organizzando a Palermo, in agenda per il prossimo 15/17 dicembre – sia sul piano della diffusione della consapevolezza della malattia nell’utenza e nella società”.

Come spiega il responsabile dell’ambulatorio, Antonio Maiorana, l’endometriosi è una malattia sociale, che coinvolge interamente la vita di una donna, “con risvolti drammatici non soltanto fisici, perciò l’ambulatorio da subito ha affiancato all’obiettivo di operatività clinica anche quello sociale volto a stimolare un crescente interesse scientifico e collettivo”. Al fine di supportare le pazienti – prosegue Maiorana – in tutto il percorso diagnostico terapico, abbiamo agito con un approccio poliedrico che si snoda su più profili: adottare tecniche e procedure diagnostiche che aumentino la sensibilità e la specificità nei confronti delle lesioni endometriosiche; stabilire percorsi terapeutici appropriati e soprattutto personalizzati; incrementare il ricorso a terapie chirurgiche mini-invasive; promuovere protocolli di comportamento clinico per le complesse problematiche del follow up; fornire adeguato supporto psicologico alle donne; contribuire alla ricerca scientifica; diffondere la conoscenza di questa malattia nella popolazione generale, presso i medici di famiglia e gli specialisti operanti nel territorio”. Sempre secondo Maiorana, “la nostra esperienza clinica ha permesso quindi di evidenziare quali possano essere le esigenze più immediate della popolazione Siciliana affetta: affermare una rete assistenziale dedicata con ambulatori multidisciplinari; percorsi diagnostici da eseguire in regime di day hospital (a causa dell’alto costo delle indagini diagnostiche); partecipazione alla spesa del costo dei farmaci (soprattutto il Visanne che è in atto l’unico farmaco che ha come unica indicazione terapeutica il dolore pelvico associato a endometriosi)”.

Infine, per il manager dell’Arnas, giovanni Migliore, “l’endometriosi si può combattere e noi siamo a fianco delle donne e di chi condivide con loro questa realtà fortemente invalidante, con la mission aziendale di offrire percorsi clinici di qualità, ma anche di contribuire a un’evoluzione culturale, che sul punto deve marciare di pari passo alla scienza medica, per sfatare quel senso di solitudine che spesso affligge le molte donne che vivono questo dramma, nel loro contesto di vita quotidiano e turba la loro serenità sia dal punto di vista delle relazioni inter-personali affettive, che socio- professionali”, conclude il ginecologo.

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