Letta rivendica: “Pd primo partito”. Ma il campo largo lettiano fatica a decollare

Letta rivendica: “Pd primo partito”. Ma il campo largo lettiano fatica a decollare
Enrico Letta
14 giugno 2022

“Il Pd è il primo partito d’Italia”, è innanzitutto questa la linea di Enrico Letta dopo il primo turno delle comunali. Il segretario democratico rivendica il ruolo di partito più votato e rilancia anche sul “campo largo”, anche se non usa questa formula. “Attorno a noi abbiamo intenzione di costruire con impegno coalizioni che non siano approssimative, aggiustate all’ultimo momento, ma sui programmi. Se non lo facciamo vincerà la destra”. Ma il problema è proprio il “campo largo”, è quello che preoccupa un po’ tutti nel partito, perché la caduta libera dei 5 stelle ormai è un dato innegabile e Carlo Calenda continua a dire che andrà per conto proprio, se il Pd si ostinerà a confermare l’alleanza con M5s.

Il leader parla attraverso un video sui social network, in conferenza stampa vanno Francesco Boccia, Giuseppe Provenzano, Simona Malpezzi e Debora Serracchiani. Il vice-segretario e il responsabile enti locali, in particolare, tirano diverse stoccate in direzione dei centristi, soprattutto verso Carlo Calenda, anche se il suo nome non viene mai fatto esplicitamente. “A tutte le forze politiche che hanno un disegno alternativo alla destra – dice Boccia – chiediamo un’assunzione di responsabilità: i veti rappresentano un regalo alla destra”. Boccia cita esplicitamente i casi di due città, Palermo e L’Aquila, cioè i comuni che Calenda cita come esempio di successo del terzo polo. “A Palermo Ferrandelli avrebbe avuto lo stesso risultato anche con una sua lista. Il risultato oggi è che Lagalla è sindaco. A L’Aquila la stessa cosa, coloro che hanno deciso di non sostenere Stefania Pezzopane hanno aiutato il sindaco uscente Biondi a rivincere. L’unità o la si fa con i partiti, se i partiti pongono i veti, la faremo con gli elettori”. Sul fronte M5s neanche una parola, Provenzano si limita a dire che il Pd non si “permette di entrare nelle vicende interne di altre forze politiche”.

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Ma nel partito è proprio il Movimento a preoccupare. “Noi siamo andati bene – dice un parlamentare – ma la verità è che siamo soli, non abbiamo alleati: M5s orami sta scivolando sotto alo 10% e i centristi vanno per conto proprioà”. Non è una preoccupazione che si ascolta solo nell’area moderata del Pd, anche un parlamentare della sinistra del partito ammette: “Il campo largo fa fatica, per usare un eufemismo”. Andrea Romano – di Base riformista, l’area di Lorenzo Guerini – la mette così: “Il Pd cresce, ed è un bene. Ma c’è preoccupazione per il crollo del M5s. Sarebbe indispensabile dire a Conte che questa sua strategia di lotta e di governo non sembra pagare. Non credo che si debbano cambiare alleanze, però bisogna cambiare qualcosa sennò ci facciamo male”. Cesare Damiano dice che “pensando al futuro voto politico dobbiamo organizzare le forze per costruire un’alleanza sufficiente per battere la destra”. Dunque, “ci vuole un appello a tutte le forze progressiste e democratiche affinché concorrano a costruire un’alleanza che non può basarsi sulla forza di un solo partito ma di una coalizione”.

Il problema, appunto, è che gli appelli del Pd cadono nel vuoto. Conte per ora non dà segnale di voler cambiare linea: “Non ho mai parlato di un’alleanza strategica. Parlo sempre invece di un dialogo che ritengo fecondo, proficuo, costante; in particolare con il Pd e con le altre forze che dimostrano responsabilità come Articolo 1”. Niente centristi, insomma. E, aggiunge, “non ho mai voluto forzare perché ritengo che questo percorso debba darsi dei tempi e delle tappe. Valuteremo ora, quando avremo i dati complessivi”. Calenda, dal canto suo, insiste e dice al Pd: “‘Argine alle destre’ non è una proposta politica, è il modo migliore per far vincere la destra. Avete deliberatamente scelto di avere come unico interlocutore un movimento populista che si sta liquefacendo. Fermatevi e riflettete”. Letta, per ora, ripete la sua linea: “il Pd è il primo partito d’Italia. Da sud, a nord, ovunque. Attorno a noi abbiamo intenzione di costruire con impegno coalizioni che non siano approssimative, aggiustate all’ultimo momento, ma sui programmi. Se non lo facciamo vincerà la destra. Da questo voto emerge molto chiaramente che l’unico argine a evitare la vittoria della destra è un centrosinistra, un campo progressista attorno al Pd”. Ma il compito sembra sempre più proibitivo. Il Pd, come partito, esce bene dal primo turno, ma intorno è il caos. E, ne sono convinti in molti ormai, per “evitare la vittoria della destra” servirà qualche idea nuova.

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