Politica

Governo turco nella bufera, società del premier registrate a Malta

L`inchiesta Paradise Papers ha raggiunto nomi eccellenti anche in Turchia. I documenti riservati ottenuti dal quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung e condivisi con l`International consortium of investigative journalists (Icij) hanno reso noti i nomi di nove società registrate nell`isola di Malta e collegate alla famiglia del premier turco Binali Yildirim. Il quotidiano Cumhuriyet, partner turco dell`Icij, ha descritto l`intricata rete di proprietà e collegamenti della famiglia Yildirim, a partire dai due figli del primo ministro, per arrivare allo zio, al nipote e ad ex soci in affari. E sta continuando ad indagare il legame di alcune di queste società offshore con uno degli appalti statali più importanti degli ultimi tempi in Turchia. I documenti pubblicati hanno rivelato che i fratelli Yildirim possiedono le compagnie Hawke Bay Marine Co. Ltd (inattiva dal 2007) e Black Eagle Marine Co., due società impegnate “nella compravendita di navi, yacht, barche e altri mezzi di trasporto marittimo, nella gestione e nella fornitura di credito a soggetti terzi allo stesso fine”. Le compagnie risultano essere state registrate nella capitale maltese Valletta, rispettivamente nel 2004 e nel 2007, quando il premier era ancora Ministro dei trasporti e delle vie marittime. Erkam Yildirim risulta essere a capo delle due società e probabilmente anche l`azionario principale, secondo quanto afferma Cumhuriyet. 

Ma i documenti presentano accanto a queste due compagnie i nomi di altre tre società – peraltro rese note precedentemente dalla European Investigative Collaborations (EIC) – ossia la South Seas Shipping N.V. titolare della quale è Erkam Yidirim. Ma la stessa società è a sua volta azionista delle società Dertel Shipping Limited e Nova Warrior Limited. Ed è qui che la cerchia dei possedimenti della famiglia Yildirim si allarga. Il nipote del premier, Süleyman Varol, figura infatti come amministratore della Nova Warrior Limited e di altre 3 compagnie marittime: la Nova Ponza Limited, la Dertel Shipping Limited e la Rory Malta Limited. Secondo i documenti dell`inchiesta, la titolarità dell`ultima società appartiene invece a Yilmaz Erece, zio del primo ministro. Erece risulta inoltre essere in società con Salih Zeki Çakir e l`ex giudice Abbas Gokçe per la proprietà di Tulip Maritime Limited, altra compagnia offshore. Çakir è amico e socio di vecchia data del premier, nonché intestatario in passato di diversi appalti statali nel settore dei trasporti. La Icij ha comunicato che Erkam e Bulent Yildirim non hanno voluto rispondere alle domande poste loro dal consorzio e dal suo partner turco Cumhuriyet sulle informazioni pubblicate nell`ambito dell`inchiesta Paradise Papers.

I documenti diffusi non affermano alcuna situazione di illegalità riguardo alle attività della famiglia Yildirim. E difatti il premier turco ha inizialmente riconosciuto che le rivelazioni dell`inchiesta sono corrette e che non ha “niente da nascondere”. Inoltre ha aggiunto che i suoi figli “non godono di immunità parlamentare”, che “possono essere indagati” e che “le loro società sono tra quelle che pagano le tasse più elevate a Istanbul”. Tuttavia Cumhuriyet ha sottolineato come questi investimenti offshore vadano a stridere con la costante retorica governativa che loda solo tutto ciò che è “nazionale e locale”. Il premier ha inizialmente condannato questi “tentativi mirati a screditarlo”. In settimana però il quotidiano turco ha pubblicato nuovi documenti scomodi che rivelano come invece solo 8 mesi fa la società offshore Nova Warrior – di cui Erkam Yildirim è azionista – abbia ottenuto in Turchia un appalto del valore di 6 milioni e 620mila dollari. Un appalto che si occupa di gestire le operazioni della nave Turkuaz nel Mediterraneo per la ricerca di petrolio e che rappresenta una delle commesse più ingenti degli ultimi tempi. La pubblicazione di questa notizia è stata seguita dalla querela del premier al quotidiano Cumhuriyet. E la richiesta di risarcimento per danni morali di circa 120mila euro. Ma il capitolo turco dei Paradise Papers non sembra ancora concluso.

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