L’Italia ancora vulnerabile allo spread. Ma in Borsa c’è chi pensa di comprare

L’Italia ancora vulnerabile allo spread. Ma in Borsa c’è chi pensa di comprare
5 luglio 2015

di Enzo Marino

Timore sì. Ma nessun allarme e tantomeno sintomi di panico tali da generare l’idea di liberarsi di azioni, titoli e fondi a qualunque prezzo. Questo il sentimento che circola nelle sale operative dei gestori del risparmio. Insomma per ora si attende senza particolare ansia l’arrivo delle notizie da Atene.

Qualche nervosismo in più si registra al ministero dell’Economia, ma i tecnici del debito pubblico sono abbastanza sereni perché la rete stesa da Mario Draghi con il suo Quantitative easing protegge lo spread dai picchi raggiunti nel 2012. Ecco una serie di ipotesi su quello che può succedere da domani all’Italia.

LA BORSA Gli operatori non sembrano preoccupati. Sia che vinca il “Sì” sia il “No”, il listino milanese non dovrebbe subire tracolli. Questo perché la crisi greca è stata ampiamente digerita nelle scorse settimane. Gli attuali livelli dei prezzi sono quelli di qualche mese fa, dopo una crescita sulle attese di una soluzione positiva e una battuta d’arresto la scorsa settimana. Da oggi ci si attende comunque una soluzione più definita della crisi. Così, viste le quotazioni ormai basse, qualcuno potrebbe iniziare ad acquistare. Per qualcuno è tempo di fare le cosiddette ricoperture scommettendo che la rottura finale tra Atene e Bruxelles sia troppo costosa per le parti in campo. La frase che circola tra i promotori – spiega al Tempo Alfonso Meomartini, manager finanziario – è indicativa dello stato d’animo: “Se vuoi l’arcobaleno, allora devi accettare anche la pioggia”. Per sorridere, cioè, bisogna accettare anche il rischio di cadere.

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L’APOCALISSE POSSIBILE Non bisogna escludere comunque lo scenario peggiore. E cioè la rottura definitiva di ogni trattativa tra Grecia e creditori. E l’uscita del Paese dalla circolazione monetaria in euro. Difficile pensare a cosa possa succedere. Nel paese ellenico non si possono escludere contraccolpi sociali e proteste violente. Il ritorno alla dracma e la contestuale valutazione del potere d’acquisto, calcolato almeno in un 30% secco, sarebbe l’ingrediente esplosivo per l’intera società greca. L’Italia a quel punto non sarebbe immune. Lo spread richiesto per finanziare il debito pubblico salirebbe a razzo e il costo per la finanza pubblica potrebbe essere insostenibile. Ben oltre gli undici miliardi in più stimati da Standard & Poor’s nei giorni scorsi. La possibilità che l’euro possa deflagrare allontanerebbe gli investitori e per convincerli si dovrebbero pagare interessi stratosferici.

IL TESORO “TRANQUILLO” Nella realtà a via XX settembre attendono il voto greco senza ansia almeno nel breve termine. Questo grazie alla credibilità recuperata e dell’ombrello di Bce che può comunque intervenire in caso di turbolenze sui mercati. Il ministro Padoan in Parlamento ha assicurato che non attende “ripercussioni di ampia portata” per il nostro Paese. E sulle aste per approvvigionarsi di liquidità non dovrebbero esserci tensioni. Le prossime emissioni sono previste già venerdì 10 con i Bot a un anno e il 13 per Btp). A tranquillizzare l’Economia anche il fatto che il 60% della raccolta prevista per l’interno anno è stata già fatta con tassi molto bassi. Che comunque i tassi siano sensibili alle notizie è rinvenibile anche dal fatto che, dopo l’annuncio del referendum, il rendimento dei Btp ha subito un balzo: dallo 0,85% all’1,25% per il 5 anni e dall’1,83% al 2,35% per il 10 anni. Tranquilli sì. ma non troppo.

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PIL A RISCHIO Nel medio termine l’umore del sistema produttivo può essere influenzato dallo stallo. Già l’Istat ha segnalato un rallentamento possibile per l’incognita greca. Anche se Atene vale solo il 2% del Pil europeo un blocco dell’attività economica di un’area Ue si ripercuote a catena su tutti gli altri. L’asfittica ripresa del 2012 si può fermare facilmente. A quel punto anche gli obiettivi di deficit/pil dovrebbero essere rivisti con manovre in vista.

 

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