L’Italia con l’Europa si prepara alla sfida del 6G

L’Italia con l’Europa si prepara alla sfida del 6G
19 febbraio 2021

L’Europa guarda al futuro della comunicazione mobile e si prepara al 6G, all’immaginabile e all’inimmaginabile che la nuova rete potrà offrire, puntando a un ruolo di leadership. E l’Italia c’è. La sfida è partita a gennaio con il progetto HEXA-X, finanziato nell’ambito del programma europeo Horizon 2020 con 12 milioni di euro, che punta a delineare l’agenda di ricerca 6G e gettare le basi per un investimento europeo a lungo termine nella futura tecnologia di rete mobile che ha come orizzonte temporale il 2030. HEXA-X, che si svilupperà nell’arco di 30 mesi, coinvolge 25 partner tra cui Nokia nel ruolo di coordinatore, Ericsson in quello di manager tecnico, Intel e ancora operatori come Orange e Telefonica, aziende, università ed enti di ricerca e per l’Italia TIM, l’Università di Pisa, il Politecnico di Torino e la società Nextworks con sede a Pisa.

“L’Europa è avanti su queste tecnologie, se la gioca alla pari con la Cina sul 5G e sta facendo da apripista sul 6G. Mentre nell’ICT l’Europa è sempre stata un po’ indietro rispetto agli Stati Uniti, nella telefonia cellulare l’Europa è sempre stata avanti”, dichiara ad askanews Giovanni Stea, docente di Ingegneria informatica e responsabile del progetto per l’Università di Pisa che partecipa a HEXA-X sia con il gruppo di reti di calcolatori coordinato da Stea che con il gruppo di Intelligenza Artificiale coordinato da Francesco Marcelloni, entrambi del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione.

“Se questa è la decade del 5G, il 2030 segnerà il passaggio alla nuova generazione, il 6G, che rappresenta non un salto tecnologico ma concettuale. Il 4G era fatto per le persone, il 5G è fatto per le persone e le macchine (attraverso l’Internet of Things), con il 6G entrerà in gioco l’Intelligenza Artificiale. I dati che sarà possibile raccogliere in ogni istante dal mondo saranno talmente tanti che per gestirli l’uomo deve affidarsi ad algoritmi di AI. Per capirci, – spiega il Prof. Stea – 15 anni fa i nostri cellulari, le automobili, gli elettrodomestici nelle nostre case non raccoglievano dati, oggi ne raccolgono a valanghe. E si tratta di dati che potrebbero essere utili ad altri utenti, per esempio ad altri automobilisti o a sistemi stradali di assistenza alla guida. La sfida del 6G è di integrare il mondo umano, il mondo fisico (gli oggetti) e il mondo digitale in maniera molto più stretta di quanto non si sia fatto con le precedenti generazioni”.

Un esempio concreto delle potenzialità del 6G è quello delle auto a guida autonoma. “Per fare in modo che la circolazione sulle strade avvenga rapidamente e in modo sicuro, – prosegue Stea – le auto dovranno essere connesse tra loro, inviando e ricevendo istantaneamente e continuamente informazioni relative alla propria posizione, ai semafori, alle altre vetture, ai pedoni, ecc., generando un traffico dati enorme che per essere gestito avrà bisogno dell’Intelligenza Artificiale del 6G”. Una connessione invisibile, veloce, ininterrotta che produce una mole di dati inimmaginabile che va gestita nel rispetto della sicurezza e della privacy.

“La privacy è una priorità e spetterà alle istituzioni creare regole perché sia garantita. Noi, dal punto di vista della ricerca, dobbiamo immaginare approcci tecnologici che tengano conto di questa necessità. Così, ad esempio, in questo progetto – spiega Stea – lavoreremo sul ‘federated learning’ che prevede di apprendere in modo collaborativo un modello senza scambiare dati. Mi spiego con un esempio. In ambito industriale è importante poter prevedere guasti negli impianti. A questo proposito vengono utilizzati dei sistemi di predizione. Tali sistemi vengono addestrati utilizzando i dati acquisiti dall’impianto. Ovviamente, la predizione sarebbe migliore se si potesse utilizzare anche i modelli costruiti con i dati di impianti simili. Il federated learning consente di aggregare questi modelli, migliorando la predizione, senza trasferire i dati dei vari impianti: in questo modo, il proprietario dell’impianto ha un beneficio senza pagarne un costo in termini di privacy. Una delle sfide del progetto HEXA-X è proprio capire come sfruttare la conoscenza diffusa senza violare la privacy”.

Un altro aspetto su cui lavorerà il team dell’Università di Pisa sarà la “explainable AI”, che si pone l’obiettivo di spiegare in modo comprensibile all’uomo come i sistemi di l’Intelligenza Artificiale generano le loro risposte. “Spesso l’Intelligenza Artificiale – precisa il prof. Stea – è una ‘black box’: in base ai dati di ingresso produce una risposta ma non è possibile spiegare come questa risposta sia stata generata. L’Intelligenza Artificiale spiegabile (explainable) consente di sapere come il sistema è arrivato a elaborare una determinata risposta, rafforzando così la fiducia degli utenti nel sistema stesso, un aspetto importante soprattutto in ambito commerciale. Il progetto mira a combinare per la prima volta Intelligenza Artificiale spiegabile con il federated learning nel contesto delle reti 6G”.

“HEXA-X punta a creare le basi per capire le potenzialità della rete 6G, a progettare la cornice, all’interno della quale – conclude Giovanni Stea – potrà essere sviluppata poi, con altre ricerche e progetti, tutta una serie di applicazioni. Alcune già immaginabili, come la possibilità di automatizzare gran parte dei processi di produzione o implementare i ‘digital twin’ (gemelli digitali). I digital twin sono una rappresentazione digitale di processi, persone o oggetti che possono servire a testare e capire come si comportano i loro gemelli reali, per esempio, per gestire la manutenzione predittiva. E altre che oggi non riusciamo ancora a immaginare”. askanew

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