Politica

Luca Palamara, le intercettazioni: “Berlusconi no, la Casellati sì”

Monta la polemica sul caso Luca Palamara. Le opposizioni chiedono lo scioglimento del Consiglio superiore della magistratura.  Matteo Salvini è una furia. Benché l’ex consigliere del Csm abbia rivolto al leader della Lega pubbliche scuse, il Capitano va all’attacco: “Da Palamara arrivano dichiarazioni surreali. A me e agli italiani non interessano le scuse tardive o le parole, interessano i fatti: magistrati promossi per appartenenza politica (quasi sempre di sinistra) e non per bravura, processi infiniti, innocenti in galera e colpevoli fuori: è urgente una riforma vera della Giustizia, ma per farla servono un governo ed un ministro capaci di farla”.

E intanto altre intercettazioni delineano ancora una volta come lo stesso magistrato e i suoi colleghi facessero anche politica. Palamara, parla con il presidente dell’Anm Francesco Minisci, delle dichiarazioni rilasciate dal vicepresidente dell’Anm Antonio Sangermano, che aveva dichiarato che la legge Severino (che prevede l’incandidabilità dei condannati) su Silvio Berlusconi non doveva essere retroattiva. “L’ho chiamato (Sangermano ndr), e gli ho detto che quei passaggi non mi sono piaciuti. Il fatto è molto grave, e il riferimento a Berlusconi mina la credibilità guadagnata negli anni”. Minisci replica: “Non abbiamo bisogno di Sangermano”, si legge nei colloqui pubblicati da La Verità.

Palamara poi parla di Sangermano anche con il procuratore Paolo Auriemma: “Fra poco si dimette”. Auriemma spiega che secondo lui quella intervista non gli sembra così scandalosa. Palamara si arrabbia: “Mai saputo che anche tu fossi berlusconiano e di destra, la destra di Unicost è in leggera estinzione”. Ma non è l’unica scoperta che fa la Verità. In una chat di gruppo Valerio Savio, ex vicepresidente Anm si preoccupa con i colleghi: “Pensate se a Natale ci ritroviamo una maggioranza Lega-mni-Berlusca”. Il pm Alberto Galanti risponde: “Berlusca lo cestinano, non gli serve più”. Ma Savio incalza: “E se lo mandano al Quirinale?”. La risposta arriva da Marco Patarnello, magistrato di sorveglianza di Md: “Non mandano Berlusconi al Quirinale, ma la Alberti Casellati. Perchè questo lo possono fare”.

Le dichiarazioni di Luca Palamara sul sistema correntizio nel Csm non “scoperchiano” il vaso di Pandora’, già ampiamente svuotato, ma sicuramente ha gettato benzina su un tema già abbastanza infuocato. L’ex componente di palazzo dei Marescialli parla di “carrierismo” all’interno del quale “il nostro sistema delle correnti penalizza chi alle correnti non appartiene”. E poi affonda la lama sul gruppo degli ex colleghi: “Le correnti togate del Csm hanno il peso preponderante, la politica dall’esterno, quindi non parlo alla corrente laica del Csm, ha poca speranza di riuscita senza una convergenza all’interno del Csm. Voglio sfatare l’idea che il politico dall’esterno è in grado di incidere sul procuratore di turno”.

Insomma quella che descrive il pm romano, ora sospeso, per l’indagine della Procura di Perugia, sembra essere una setta nella quale si spartiscono le poltrone delle Procure, secondo l’influenza di una o dell’altra corrente. Anche Giorgia Meloni sostiene l’alleato, bollando l’intervista di Palamara a La7 come “gravissima”. E poi ritorna alla carica: “Oggi più che mai continuiamo a chiedere che sia messa la parola fine al cancro delle correnti nella magistratura e alla spartizione di potere, che vengano riformati i criteri di composizione del CSM e che si dimettano tutti i magistrati coinvolti nello scandalo”.

Dunque montano le polemiche e dopo l’invito del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a fare presto e bene sulla riforma del Csm, si attende il testo, a firma del Guardasigilli Alfonso Bonafede, che dovrebbe arrivare questa settimana in Consiglio dei ministri. Intanto circolano diverse bozze, l’ultima è quella che darebbe ancora più potere al Consiglio superiore della magistratura, l’organo di autogoverno dei giudici investito proprio dallo scandalo che ruota intorno a Palamara. Potere di supervisione e di controllo sul funzionamento degli uffici che rappresentano la pubblica accusa sul territorio e sugli strumenti che garantiscono di fatto il controllo delle inchieste.

Niente invece sulla separazione delle carriere. Nel testo invece si parla del nuovo meccanismo elettorale del Csm, nel quale scompare la divisione tra le due categorie – i pm eleggevano i pm, i giudici eleggevano i giudici – e si parla solo di ‘magistrati’. Infine il Csm aumenta i suoi componenti, che passano da ventiquattro a trenta, con una clausola che riguarda i laici: Il Parlamento non potrà più eleggere al Csm nessuno che sia o sia stato nei cinque anni precedenti deputato, senatore, consigliere regionale, sindaco. Un testo che fa discutere e su cui fonti di via Arenula gettano acqua sul fuoco: “E’ in via di definizione”.

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