Maggioranza divisa sulle riforme. Pd-M5s: proviamoci. Lega: impossibile

Maggioranza divisa sulle riforme. Pd-M5s: proviamoci. Lega: impossibile
Mario Draghi e Matteo Salvini
10 settembre 2021

La riforma dei regolamenti parlamentari è obbligatoria, di quella elettorale si può discutere ma mettere mano in maniera profonda alla Costituzione, a un anno e mezzo dalla fine della legislatura, è ormai impossibile: è il quadro emerso dal palco della Festa nazionale dell’unità di Bologna nell’unico dibattito che ha visto contemporaneamente confrontarsi esponenti di tutta la maggioranza che sostiene il governo Draghi. Moderati dalla giornalista Laura Cannavò, si sono confrontati sul tema “Curare e rafforzare la democrazia. Le riforme possibili”. “Un club esclusivo”, lo ha definito non senza ironia il senatore di Idea Gaetano Quagliariello perché “se aggiungiamo altri due nomi, noi siamo gli unici a cui interessano le riforme costituzionali”. Tuttavia “non c’è ragione per sciogliere questo club esclusivo”. Del club fanno parte il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà (M5s) che ha messo l’accento sulla necessità che, dopo la riduzione del numero dei parlamentari a 400 deputati e 200 senatori, si arrivi a una riforma dei regolamenti.

“Vanno uniformati”, secondo D’Incà, e “va ridotto il numero delle commissioni permanenti altrimenti” nella prossima legislatura “ci ritroveremo con commissioni con 14 membri”. D’Incà ha suggerito anche che “l’attività conoscitiva”, ovvero le audizioni, “si svolga in un percorso comune tra Camera e Senato”. Infine, va fatto in modo, secondo il Ministro, che “le leggi di iniziativa popolare che non vedono mai la luce abbiano tempi certi. Tempi certi devono essere dati all’interno dei regolamenti parlamentari”. Per Andrea Giorgis del Pd bisogna spingersi oltre e mettere mano alla Costituzione: “Il taglio dei parlamentari rende alcune riforme improcrastinabili, come il superamento del bicameralismo paritario. È una modifica imposta dalla particolare composizione del Senato: o si differenzia il compito e il ruolo delle due Camere o si aumentano le ipotesi in cui le Camere si riuniscono in seduta comune. Bisogna fare in modo che questa riduzione del numero dei parlamentari non si trasformi in un indebolimento”.

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La presidente dei deputati di Italia Viva Maria Elena Boschi, ministra delle Riforme nel governo Renzi – l’unica sul palco, ci tiene a sottolineare, “che ha votato sì al referendum sulla riforma costituzionale del governo Renzi” – non crede ci sia il tempo per fare una riforma che, a suo parere, “non deve essere frammentata. Serve un disegno unitario”: “Ma è difficile farlo in una legislatura che ha poco tempo, è difficile un accordo ampio tra le forze politiche sapendo che abbiamo anche altre urgenze”. Igor Iezzi, capogruppo della Lega in commissione Affari Costituzionali alla Camera, è tranchant: “È impossibile che questo Parlamento possa mettersi a modificare la Costituzione toccando diversi articoli. Credo che nessuno in questa sala possa pensare che noi e il Pd ci sediamo al tavolo e in pochi mesi facciamo la riforma costituzionale. I prossimi mesi non saranno normali ma mesi di continua campagna elettorale. Dopo l’elezione del capo dello Stato a prescindere da quando si andrà al voto ci sarà una lunghissima campagna elettorale. In questo clima pensare di mettere mano alla Costituzione in maniera così profonda sarebbe impossibile. Forse sarebbe più giusto che lo faccia il Parlamento nuovo, più legittimato. Questo probabilmente non rappresenta più il sentimento diffuso nella popolazione”.

La Lega non ci sta, il discorso sarebbe finito qui ma Federico Fornaro, capogruppo di Leu alla Camera, puntualizza: “Non mi dimentico che abbiamo detto sì al taglio dei parlamentari a patto che ci fosse la legge proporzionale. Non possiamo mettere il tema della riforma elettorale nel cassetto fischiettando, facendo finta di niente. È una delle prime riforme utili ad riavvicinare gli elettori”. Quel patto però era del governo Conte 2. Ora c’è Draghi e soprattutto c’è chi come la Lega ritiene che “il Rosatellum, la legge attualmente in vigore è stato adeguato alla nuova composizione del Parlamento quindi col Rosatellum si può andare a votare” poi “se vogliamo sederci a un tavolo discutiamone pure ma per una legge che la sera stessa del voto ci dica chi governa e non rimandi la decisione a riunioni secondarie tra le segreterie di partito”. Anche Boschi frena: “La legge elettorale è sempre un tema di attualità ma attenzione a non sacrificare per il proporizionale l’elemento della stabilità. Italia Viva preferisce un modello simile a quello dei sindaci”.

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Quagliariello e Giorgis mettono sul piatto la possibilità di fare la sfiducia costruttiva. D’Incà lo definisce un “tema fondamentale” ma di nuovo la Lega ricorda che “sfiducia costruttiva vuol dire modificare tutta la Costituzione. Non è una roba semplicissima ma complessa”. A tirare le fila ci prova Simone Baldelli, deputato di Fi, che si è battuto per il no al taglio dei parlamentari: “Il Senato così come è con 200 componenti non gira. Si elegga contestualmente al prossimo Parlamento una assemblea con il compito di redigere una riforma della seconda parte della Costituzione da sottoporre al paese con un referendum popolare. Se aspettiamo che lo faccia questo Parlamento credo che non ci siano le condizioni. Non vedo una grande passione a meno che non ci chiudiamo noi e qualche altro feticista della materia in una stanza e usciamo solo quando raggiungiamo un accordo…”.

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