Cultura e Spettacolo

Mahler e il trionfo della ‘Resurrezione’ al Teatro Massimo di Palermo

Un inno alla vita che trionfa sulla morte, con le voci di due soliste d’eccezione e una massa corale e orchestrale di oltre duecento elementi, chiuderà venerdì 31 ottobre, alle 20:30, la Stagione Sinfonica 2024-2025 del Teatro Massimo. Sul podio, a guidare l’imponente esecuzione della Sinfonia n. 2 “Resurrezione” di Gustav Mahler, salirà il celebre direttore tedesco Ingo Metzmacher, affiancato dal soprano Ruth Iniesta e dal contralto moldavo Natalia Gavrilan, insieme all’Orchestra e al Coro del Teatro Massino preparato da Salvatore Punturo.

L’evento non è solo il gran finale della stagione, ma un appuntamento di profonda riflessione esistenziale, reso attraverso una delle partiture più monumentali e ambiziose mai scritte. Metzmacher, interprete di riferimento per il repertorio tardo-romantico e del Novecento, è la bacchetta ideale per affrontare questo viaggio sinfonico che esplora i grandi interrogativi sulla vita, la morte e la redenzione.

Un capolavoro nato da un funerale

Composta in un arco di sei anni, dal 1888 al 1894, la “Resurrezione” rappresenta uno spartiacque nella storia della forma sinfonia. Mahler vi riversò l’ambizione di racchiudere “un mondo della massima varietà e complessità”. L’ispirazione per il grandioso Finale giunse durante la cerimonia funebre del direttore Hans von Bülow, ascoltando le parole dell’inno di Friedrich Klopstock “Auferstehen!” (Risorgere!). Come Beethoven nella Nona Sinfonia, Mahler infrange qui i confini strumentali, unendo all’orchestra due voci soliste e un coro per dare voce a una fede universale che trascende ogni dogma.

Un viaggio dall’oscurità alla luce

L’opera si dispiega in cinque movimenti che tracciano un cammino dalle tenebre alla luce. Si parte con un “Totenfeier” (Rito funebre), un movimento iniziale tempestoso e apocalittico che pone le domande fondamentali: “Perché sei vissuto? Perché hai sofferto?”. I due movimenti centrali fungono da interludio: un Andante moderato che rievoca un ricordo felice e uno Scherzo basato sulla “Predica di Sant’Antonio ai pesci”, dipingendo la vita come un turbinio insensato. La svolta avviene con il quarto movimento, “Urlicht” (Luce primigenia), un Lied per contralto che promette la salvezza.

Il Finale è di un’audacia sconvolgente: dopo un “grande appello” degli ottoni che evoca il Giudizio Universale, il coro irrompe in un pianissimo celestiale, culminando in un travolgente inno di fede e amore. Non è la descrizione di una ricompensa religiosa, ma l’affermazione della vittoria dello spirito e dell’amore sull’angoscia terrena. Una visione laica e potente della resurrezione come atto di fiducia nella vita stessa.

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Redazione