Editoriale

Dopo i massoni e i furbetti, sul M5s aleggia lo spettro della scissione

E’ più di una scissione, quella in atto nel MoVimento Cinque Stelle. Il partito che fu di Gianroberto Casaleggio e Beppe Grillo non solo oggi politicamente non c’è più, ma fa acqua da Bruxelles a Palermo. Una serie di smottamenti che si materializzano in incubi per un Luigi Di Maio sempre meno capo politico e sempre più solo, dato le meteore che ogni giorno si staccano dal cosmo stellato. Una importante è quella di Davide Borrelli, l’europarlamentare che ha appena lasciato il M5s (come pure la collega di Bruxelles, Giulia Moi) e che ha addirittura scosso Davide Casaleggio: “Nessuno se lo aspettava. Non abbiamo compreso le motivazioni della sua decisione”. Il capo di Rousseau, tuttavia, sottolinea che “abbiamo sempre avuto un ottimo rapporto e ha sempre dato una mano anche nella gestione del Movimento e dell’Associazione Rousseau?”. Non a caso – dicono alcune fonti vicine ai pentastellati – Casaleggio jr. non ha chiesto la penale al suo amico Borrelli di 200 mila euro, prevista dallo statuto pentastellato, qualora un esponente pentastellato cambi euro-casacca. E ora c’è chi trema per i “segreti” della piattaforma che il tecnico informatico porterà con sé. Borrelli ha le idee chiare, come è altrettanto chiaro che a questo obiettivo ci lavora da tempo. “E’ arrivato per me il momento di cambiare percorso. Nella vita mi sono sempre occupato di imprenditori e risparmiatori. Per questo ho deciso di aderire ad un movimento, che si occuperà proprio di imprenditori e risparmiatori. Lo devo a loro, lo devo alla mia vita”. Saranno proprio le imprese e il mondo produttivo, infatti, i primi solidi pilastri del progetto dell’europarlamentare trevigiano.

Il primo già consolidato è quello di Massimo Colomban, l’industriale concittadino ed ex assessore nella giunta di Virginia Raggi, a cui sono vicine le associazioni di imprenditori Confapri e ReteSI. Colomban non nega di aver parlato con “David Borrelli, come con altri molti esponenti, delle proposte” di imprese e lavoratori “al fine di favorire una rinascita dell’economia e un incremento del reddito di tutti i cittadini italiani”. Per Borrelli, quindi, la strada appare spianata. Intanto, mentre Federico Pizzarotti si gode la proclamazione della sua Parma a capitale della Cultura italiana, i maligni già parlano di contatti tra il sindaco e l’europarlamentare. Anche Matteo Salvini ha fiutato l’affaire Borrelli, non fosse altro perché il terreno di gioco dell’ex grillino è principalmente il Veneto e le sue imprese. E così, sull’europarlamentare, il leader del Carroccio afferma: “Chi sceglie la Lega sceglie ordine, regole, pulizia, e sceglie soprattutto un concetto: prima gli italiani. Se altra gente vorrà unirsi dopo il 5 marzo è la benvenuta però la Lega è la Lega”. Ne parliamo a urne chiuse. Di certo, Borrelli è il pezzo da novanta. Ma altri esponenti, oramai ex cinquestelle, come i furbetti di “rimborsopoli”, i cacciati dal capo politico, e le decine di esponenti attualmente grillini (tra attivisti e parlamentari in attesa di esito per rincorsi a varia natura) formano un esercito pronto a ingrassare le fila scissioniste. Per non parlare dei candidati alle Politiche espulsi da Di Maio e che, se eletti, per loro il primo passo sarà il passaggio al Gruppo misto. Altra carne al fuoco.

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