Ursula von der Leyen
Un fiume di denaro europeo per blindare le frontiere, un inferno di abusi e violenze ai danni di migliaia di migranti. Il rapporto di Human Rights Watch sulla Mauritania squarcia il velo su uno dei capitoli più controversi della politica migratoria Ue.
Un rapporto di 142 pagine di Human Rights Watch, pubblicato mercoledì, documenta con precisione chirurgica gli abusi sistematici perpetrati dalle forze di sicurezza mauritane contro i migranti. La stessa Mauritania che nel 2024 ha ricevuto dall’Unione Europea 210 milioni di euro proprio per la gestione dei flussi migratori e il controllo delle frontiere.
Il documento, frutto di cinque anni di investigazioni (2020-2025), dipinge un quadro agghiacciante: “misure di contenimento prolungate e dolorose, privazione di cibo e acqua, torture, stupri, arresti arbitrari ed espulsioni sommarie”. Pratiche che, secondo l’organizzazione, sono state “ignorate e aggravate” dalle politiche di esternalizzazione europee.
L’inchiesta “They accused me of trying to go to Europe” concentra i riflettori sulla cosiddetta rotta atlantica, divenuta dal 2020 una delle vie irregolari più trafficate e letali per l’Europa. Numeri da emergenza: 147mila arrivi alle Canarie tra il 2020 e il 2024, con un bilancio di vittime stimato tra le 4.300 e le 24.800 persone.
Un esodo che ha trasformato la Mauritania nel principale avamposto di partenza, spingendo l’Ue e la Spagna a stringere un partenariato sempre più solido con il governo di Nouakchott. Un accordo che, nelle intenzioni, doveva anche affrontare le “cause profonde” delle migrazioni. Nella realtà, denuncia HRW, si è tradotto in un’autorizzazione implicita alla repressione.
Il rapporto non risparmia nessuno. Dito puntato contro la polizia, la guardia costiera, la marina e l’esercito mauritano, rei di aver trasformato i centri di detenzione in luoghi di tortura e privazione. Ma le accuse travalicano i confini africani.
HRW evidenzia il ruolo attivo della Guardia Civil e della polizia spagnola dispiegate in loco, nonché la collaborazione nelle intercettazioni e nei respingimenti forzati delle imbarcazioni. Una collaborazione che, unita alla cronica carenza di operazioni di ricerca e soccorso, contribuisce direttamente all’aumento del numero di morti in mare. Successi nella riduzione degli arrivi che alimentano la fiducia europea nell’esternalizzazione, ma che hanno un prezzo umano inaccettabile.
Tra il 2020 e la metà del 2025, la polizia mauritana ha espulso decine di migliaia di persone senza procedure legali, abbandonandole in zone remote al confine con Mali e Senegal. Solo nella prima metà del 2025, le espulsioni hanno superato le 28mila unità. Tra di esse, bambini, richiedenti asilo e persone con uno status legale regolare.
Il governo mauritano ha respinto ogni accusa, citando nuove misure a tutela dei diritti, come il “divieto di espulsioni collettive” e nuove procedure operative standard adottate nel maggio 2025. Parimenti, la Commissione Europea ha difeso il partenariato, definendolo “saldamente ancorato al rispetto dei diritti” e citando il suo supporto alle riforme.
Il rapporto di Human Rights Watch non è solo una condanna di un regime di violenze. È un macigno gettato nello stagno delle coscienze europee. Dimostra che il denaro Ue, i partiti, le dichiarazioni di intenti si infrangono contro la realtà di un sistema che, per contenere i flussi, calpesta sistematicamente la dignità umana. La domanda che rimane, scomoda e inevitabile, è fino a che punto l’Europa sia disposta a spingersi pur di tenere i migranti lontani dai suoi confini, e quanta complicità sia disposta ad accettare in nome della sicurezza.