Una corsa disperata di 200 metri attraverso terminal, controlli e barriere di sicurezza. Poi il drammatico epilogo sulla pista di Orio al Serio, dove un uomo di 35 anni ha perso la vita risucchiato dal motore di un Airbus A319 in fase di decollo. La tragedia si è consumata questa mattina alle 10.35 all’aeroporto di Bergamo, scuotendo la comunità aeroportuale e sollevando interrogativi inquietanti sui sistemi di protezione di uno degli scali più trafficati d’Italia.
La ricostruzione dell’accaduto presenta ancora molti punti oscuri, ma le prime testimonianze raccolte dalle autorità delineano un quadro agghiacciante. L’uomo avrebbe fatto irruzione nello scalo arrivando contromano, abbandonando l’auto e iniziando una corsa folle verso l’interno della struttura. Una volta varcata l’area arrivi al piano terra, sarebbe riuscito ad aprire una porta di sicurezza che conduce direttamente alle piazzole di sosta degli aerei.
Il velivolo coinvolto, un Airbus A319 della compagnia spagnola Volotea diretto alle Asturie, stava completando il “pushback” – la manovra di allontanamento dalla piazzola di sosta – quando si è verificato l’impatto fatale. A bordo viaggiavano 154 passeggeri, quattro assistenti di volo e due piloti, tutti illesi ma profondamente scossi dall’accaduto.
L’episodio ha immediatamente paralizzato le operazioni dello scalo lombardo. Sacbo, la società di gestione dell’impianto, ha sospeso tutti i voli dalle 10.20 alle 12 circa, parlando in una nota ufficiale di “inconveniente verificatosi sulla via di rullaggio, le cui cause sono in corso di accertamento da parte delle forze dell’ordine”. Un linguaggio istituzionale che nasconde la drammaticità di quanto accaduto.
Ma è proprio la dinamica dell’intrusione a sollevare le domande più inquietanti. Come ha fatto un uomo a percorrere quasi 200 metri all’interno di un aeroporto internazionale, superando porte d’emergenza, pareti, ostacoli, snodi di controllo e la presenza delle forze dell’ordine? Il percorso dal terminal alle piazzole di sosta rappresenta normalmente una delle aree più sorvegliate e protette di qualsiasi scalo aeroportuale.
L’episodio riapre inevitabilmente il dibattito sulla sicurezza aeroportuale in Italia. Orio al Serio gestisce oltre 13 milioni di passeggeri all’anno ed è considerato uno degli scali più efficienti del Paese. Proprio per questo, la facilità con cui un uomo è riuscito a raggiungere la pista operativa desta preoccupazioni che vanno ben oltre la singola tragedia.
Volotea ha confermato l’accaduto con un comunicato ufficiale: “Un uomo è riuscito ad introdursi sul piazzale degli aeromobili, raggiungendo poi la via di rullaggio. Qui si è avvicinato all’aereo, fermo e a motori accesi, perdendo la vita”. La compagnia ha precisato che tutti i passeggeri sono stati riprotetti su un altro volo, partito da Milano-Bergamo alle 16.43, e hanno ricevuto supporto psicologico per elaborare il trauma vissuto.
Le autorità competenti hanno avviato un’inchiesta approfondita per ricostruire ogni dettaglio dell’accaduto e verificare eventuali falle nei protocolli di sicurezza. Nel frattempo, la comunità aeroportuale prova a metabolizzare uno shock che segnerà a lungo la memoria di chi ha assistito a quella corsa verso la morte.
L’episodio di Bergamo rappresenta un campanello d’allarme che non può essere ignorato. La sicurezza aeroportuale, considerata fino ad oggi una delle eccellenze del sistema italiano, dovrà essere ripensata e rafforzata per evitare che simili tragedie possano ripetersi. Ogni vita umana ha un valore inestimabile, e ogni sistema di protezione deve essere progettato per salvaguardare non solo i passeggeri, ma anche chi, in un momento di estrema disperazione, potrebbe mettere in pericolo se stesso e gli altri.