Cronaca

Morto Giovanni Cucchi, simbolo della battaglia per la verità sul figlio Stefano

Si è spento a Roma Giovanni Cucchi, il padre del geometra morto nel 2009 dopo un pestaggio in caserma. Aveva 77 anni e da tempo lottava contro una malattia. Per oltre quindici anni ha combattuto al fianco della moglie Rita e della figlia Ilaria per ottenere verità e giustizia sulla morte del figlio Stefano, vittima di violenze da parte di alcuni carabinieri a seguito di un arresto per droga. Una battaglia processuale che ha fatto emergere depistaggi e insabbiamenti ai più alti livelli dell’Arma romana.

Giovanni Cucchi ha incarnato la dignità di un padre che chiede giustizia senza mai alzare la voce, senza mai perdere compostezza. In ogni udienza, accanto alla moglie Rita – scomparsa nell’ottobre 2022 – ha sostenuto la figlia Ilaria nella sua instancabile ricerca della verità. “Ilaria ci ha dato la forza per andare avanti e cercare la verità”, dichiarava nel 2019 prima di una delle numerose udienze.

“Quello che abbiamo giurato davanti a quel corpo massacrato è che non ci saremmo mai fermati e così faremo, andremo sempre avanti”. La coerenza e il rigore hanno contraddistinto ogni momento di questa famiglia travolta dalla tragedia. Nessun atteggiamento fuori luogo, nessuna concessione alla rabbia, solo la ferma determinazione di chi esige risposte. Il caso giudiziario ha coinvolto anche i vertici romani dell’Arma dell’epoca, portando alla luce un sistema di omertà e falsificazione.

La testimonianza davanti ai giudici

Nel processo sui depistaggi, Giovanni Cucchi è stato ascoltato come testimone. “Porto sempre con me una lettera di Stefano dell’agosto 2006 per dimostrare che mio figlio teneva alla sua famiglia e noi a lui”, ha affermato davanti ai giudici. Quella lettera è diventata la prova tangibile di un legame che qualcuno aveva provato a infangare. “Ilaria ha dovuto scrivere un libro per smentire che noi lo avessimo abbandonato”, ha aggiunto con amarezza.
Il padre ha poi ripercorso gli ultimi momenti con Stefano. “La sera dell’arresto nessuno gli ha rivolto brutte parole. Certo, eravamo delusi”.

L’incontro in tribunale resta un ricordo straziante: “L’ho visto col volto sfigurato, gonfio come una zampogna e con borse sotto gli occhi. In aula Stefano mi disse ‘papà, sono stato incastrato’. Aveva le manette e buttandomi le braccia al collo mi disse ‘è finita’ e io ‘ti portiamo in comunità'”. Parole semplici, dolorose, che hanno squarciato il velo di menzogna costruito attorno alla famiglia Cucchi. L’avvocato Fabio Anselmo, storico legale della famiglia e compagno di Ilaria, ha ricordato quella testimonianza in un lungo post su Instagram. “Con la tua voce hai dato voce a tuo figlio”, ha scritto pubblicando la lettera che Stefano consegnò al padre.

“Giovanni, mentre leggeva davanti alla Corte quelle righe, tremava. La voce si spezzava, ma non si fermava”, ricorda Anselmo. “In quell’aula si è sentito il silenzio pesante di chi, per anni, ha accusato quella famiglia di menefreghismo, di vergogna, di ipocrisia. Quelle parole, semplici, umane, limpide, hanno distrutto anni di odio, menzogne, depistaggi”.

Giovanni Cucchi lascia un’eredità morale che va oltre il dolore personale. La sua battaglia ha contribuito a smascherare un sistema di coperture e a ottenere condanne per i responsabili della morte di Stefano. Una verità processuale arrivata dopo oltre quindici anni di indagini, processi, bugie. Oggi quella voce si è spenta, ma la memoria di quella lotta per la giustizia resta viva.

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Redazione