Muro, migranti e dazi: mezza marcia indietro della Casa bianca. Il gran pasticcio di Trump

Muro, migranti e dazi: mezza marcia indietro della Casa bianca. Il gran pasticcio di Trump
27 gennaio 2017

Prima l’annuncio e poi il passo indietro. Ronald Trump ha deciso di far pagare ai messicani il muro di 3.200 chilometri anti-migranti attraverso un’imposta del 20% applicata su tutte le merci prodotte in Messico e vendute in America. L’annuncio era stato fatto dal  portavoce della Casa Bianca, Sean Spicer spiegando che la misura fara’ parte di un riforma piu’ ampia “per cui il presidente e’ in contatto gia’ con il Congresso”. Poi, sarà lo stesso Spicer ad archiviare la pratica nel giro di un paio di ore. Di certo, la possibilità che il Messico paghi per il muro anti-migranti “non è negoziabile”, fa sapere il ministro degli Esteri del paese centro-americano Luis Videgaray. “Ci sono cose che non sono negoziabili, cose che non possono e non sarano negoziate. Il fatto che viene detto che il Messico dovrebbe pagare per il muro è qualcosa che semplicemente non è negoziabile”, ha concluso Videgaray. Insomma, la giornata del 26 gennaio alla Casa Bianca verrà ricordata per la confusione che l’ha caratterizzata. Su due fronti: la ventilata tariffa del 20% su tutte le importazioni messicane per finanziare il muro anti-migranti, paventata dal portavoce Sean Spicer, che poi ha corretto il tiro, come detto; e l’ordine esecutivo, che non c’è stato, con il quale Donald Trump avrebbe ordinato l’avvio di una inchiesta sulle frodi elettorali. Resta poi da definite l’agenda legislativa con i repubblicani al Congresso, i quali durante il loro ritiro a Philadelphia non hanno trovato un accordo con il neopresidente. Per dirla con lo speaker alla Camera Paul Ryan, “questa è una presidenza non convenzionale. E’ qualcosa a cui ci dobbiamo abituare”.

TARIFFA AL 20% SULLE IMPORTAZIONI MESSICANE? UNA POSSIBILITÀ Alla fine di una giornata in cui la tensione tra Usa e Messico era salita, con il presidente Enrique Pena Nieto (foto) che ha cancellato il suo viaggio negli Stati Uniti previsto per martedì prossimo a causa delle diverse vedute sul muro che Trump vuole costruire lungo il confine tra i due Paesi, Spicer ha fatto sapere che Trump stava pensando di imporre una tariffa del 20% su tutte le importazioni messicane. Così facendo avrebbe trovato i soldi necessari per la costruzione della barriera, il cui costo è stimato in 20 miliardi di dollari. Il portavoce della Casa Bianca aveva inizialmente detto che l’amministrazione vorrebbe “usare una riforma fiscale come strumento per imporre tariffe sui Paesi con cui abbiamo un deficit commerciale”, come il Messico. Secondo Spicer, quella è una pratica che altre 160 nazioni usano ma in Usa attualmente “la prassi è tassare le esportazioni e lasciare arrivare liberamente le importazioni, cosa che è ridicola”. Ricorrendo a quella prassi, “possiamo ottenere 10 miliardi di dollari l’anno con cui pagare facilmente il muro soltanto attraverso un tale meccanismo. Fornirà i finanziamenti” rispettando “totalmente i contribuenti americani”. Poi però il portavoce ha fatto una mezza marcia indietro: “Ci sono state domande su come il presidente pagherebbe per il muro”, ha precisato dicendo che “una delle idee che passa attraverso una riforma tributaria completa è quella che Ryan e altri hanno ipotizzato”. Insomma, quello che voleva dire è che “l’idea dimostra come generare entrate per il muro non sia poi così difficile come qualcuno aveva suggerito”. Le opzioni in realtà sono molteplici e tutte da definire: “Potrebbe esserci [una tariffa] invece del 20% del 18% o del 5%. Potremmo anche andare in un’altra direzione”.

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ORDINE ESECUTIVO SULLE FRODI ELETTORALI RIMANDATO Ieri alle 16.30 di Washington, le 22.30 italiane, il successore di Barack Obama avrebbe dovuto firmare un ordine esecutivo con cui dava l’incarico al dipartimento della Giustizia di indagare sulle frodi alle urne oltre il 2016. La firma è stata rimandata a oggi o a domani a causa del ritorno “un po’ in ritardo” nella capitale americana dell’inquilino della Casa Bianca, che era andato a Philadelphia (Pennsylvania) per un raduto dei repubblicani al Congresso. Come spiegato da Spicer, Trump “è rimasto incastrato in una serie di incontri che dovevano esserci”. Questione solo rimandata dunque ma non per questo destinata a passare liscia. I democratici infatti sostengono che una tale inchiesta sia inutile e che rischia di essere usata per impedire a certe categorie di elettori di andare a votare, magari con misure percepite come discriminatorie. Certo è che Trump crede ancora che “milioni” di persone abbiano votato illegalmente alle elezioni dello scorso 8 novembre e che gli hanno regalato una vittoria inattesa. Con questa convinzione, Trump cerca di giustificare perché nello scontro contro la rivale democratica Hillary Clinton abbia perso sul fronte del voto popolare di quasi 3 milioni di voti pur guadagnando la maggioranza dei grandi elettori (304, sopra i 270 necessari).

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