Nasce Sinistra italiana: “Da D’Alema non col cappello in mano”. Resta nodo alleanze

Nasce Sinistra italiana: “Da D’Alema non col cappello in mano”. Resta nodo alleanze
19 febbraio 2017

“Non faremo il movimento giovanile di Bersani e D’Alema. Abbiamo già dato… diciamo”. In questa battuta di Stefano Fassina è condensato il sentimento dei 503 delegati su 680 che hanno eletto Nicola Fratoianni segretario e inghiottito forse il primo caso di scissione preventiva della storia pur ricca e fantasiosa delle divisioni a sinistra. Il congresso concluso oggi a Rimini era infatti quello di fondazione per Sinistra italiana, il contenitore progettato originariamente per ravvivare l’avventura dell’ormai disciolta Sel di Nichi Vendola con apporti dal Pd e da altre aree della sinistra politica e civile. Bersani e D’Alema, dunque, ma anche l’indecifrabile Michele Emiliano, capofila della rivolta contro Renzi che ieri ha omaggiato Vendola a Rimini, dopo mille scontri in Puglia, e oggi a Roma si è vestito da sor Tentenna. E proprio sul rapporto da tenere con gli scissionisti, veri e presunti, del Pd (e di conseguenza, molto presto sugli assetti e le liste elettorali), si è giocata gran parte del congresso, l’uscita fragorosa del capogruppo Arturo Scotto dal partito e quella più soft dell’ex bersaniano Alfredo D’Attorre, che si è congedato dicendo “teniamo un filo fra noi”.

L’OMONIMO Fratoianni ha proposto di lanciare il nuovo partito costituendo “cinquecento comitati a sostegno del referendum della Cgil”. Ed ha lanciato la sfida ai suoi dissidenti e anche agli scissionisti del Pd: a chi sostiene che, con la rottura del Pd, Sinistra italiana deve fare gruppi parlamentari con i transfughi in vista della lista comune alle politiche, l’erede di Vendola ha chiesto: “E alla prima fiducia che fanno questi gruppi?”. Dialogo sì, quindi, non fusione, almeno per ora, perché rompere “con il renzismo” non prevede che chi come Si è stato all’opposizione finora passi a dare il sostegno a Gentiloni fino a fine legislatura. E le liste comuni come si costruiscono? “Non con il cappello in mano”, ha ammonito Vendola, in uno dei passaggi meno gentili nei confronti dei suoi dissidenti interni. Liste comuni, alla fine, si faranno, ma con chi resta da vedere. La spaccatura in Si, ad esempio, avvicina Pippo Civati, che a Rimini ha svolto un intervento come di consueto sul filo dell’ironia: “D’Alema? Ma è un omonimo?”. Il leader di Possibile diffida degli interlocutori dem, dei quali si è tanto parlato nel corso delle assise: “Gli stessi che si candidano a rifare il centrosinistra lo hanno distrutto con scelta consapevole”, ha sottolineato. Per poi liquidare anche l’iniziativa “unitaria” di Giuliano Pisapia: “Il campo progressista andrebbe fatto quando ci si riesce almeno a telefonare, ho l’impressione che non ci sia proprio dialogo”. Del resto, proprio a Pisapia lo stesso Vendola, nume tutelare della nuova formazione, ha riservato i commenti più freddi: “No, Giuliano – ha osservato – non tutti i ponti sono utili, basta andare a Messina. Non è utile il ponte col renzismo e con quello che ha generato il renzismo in questo paese”.

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LE ALLEANZE Alleanze, dunque, con chi? Forse con Possibile un terreno comune Si potrà trovarlo, più difficile sarà ricucire con chi in queste ore lavora per “un altro percorso politico”, cioè l’unificazione con D’Alema e Bersani. Almeno a giudicare dal clima infuocato creato dall’intervento mattutino di Paola Natalicchio, ex sindaca di Molfetta in provincia di Bari, defenestrata da una ribellione consiliare targata Pd: “Non abbiamo costruito questa comunità per metterla al servizio di D’Alema e della sua guerra di posizionamento. E nessuno divida il nostro gruppo parlamentare, lo considererei un gesto sfascista e distruttivo”. Più di lei ha emozionato i delegati solo Luigi de Magistris, sindaco di Napoli e fondatore di Democrazia e Autonomia (Dema) con un tonante comizio d’altri tempi nel quale ha proposto di difendere i migranti dai “rigurgiti nazifascisti di Matteo Salvini” e rivendicato la sua scelta per l’acqua pubblica e contro gli sgomberi degli immobili occupati e autogestiti. “Non abbiamo paura, faremo la rivoluzione nelle strade e nei palazzi”, è stato il suo proclama. Anni di sinistra “di governo”, di giunte col Pd e di fossati scavati rispetto alle altre aree di quella che un tempo veniva definita la “sinistra radicale”. Ma alla fine, nel centenario dell’Ottobre rosso, il cuore dei delegati dell’ex Sel batte sempre per quella parola lì: rivoluzione.

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