‘Ndrangheta: maxi-operazione contro i Piromalli, 26 arresti tra cui il boss ottantenne

L’indagine del ROS ha colpito la storica cosca di Gioia Tauro. Giuseppe Piromalli aveva ripreso il controllo criminale dopo 22 anni di carcere.

Un’operazione antimafia di vasta portata ha scosso all’alba la Piana di Gioia Tauro. Ventisei persone sono finite in manette, tra cui il temuto boss Giuseppe “Pino” Piromalli, 80 anni, capo dell’omonima cosca di ‘ndrangheta. Il blitz, disposto dal Tribunale di Reggio Calabria su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia locale, rappresenta il culmine di un’indagine condotta dal Raggruppamento Operativo Speciale dei Carabinieri con il supporto di comandi provinciali distribuiti su tutto il territorio nazionale.

L’operazione ha colpito duramente l’articolazione criminale che da decenni controlla il territorio di Gioia Tauro, uno dei principali snodi portuali del Mediterraneo. Secondo gli inquirenti, Piromalli aveva ripreso il controllo delle attività criminali dopo la scarcerazione avvenuta nel 2021, al termine di 22 anni di detenzione.

“Pino Piromalli, uscendo dal carcere, ha dimostrato di non essere un tranquillo vecchietto che passa il tempo alla coltivazione dell’orto di casa, ma un capo ‘ndrangheta ancora in servizio”, ha dichiarato il Procuratore aggiunto della DDA, Stefano Musolino. Le parole del magistrato tracciano il profilo di un boss che, nonostante l’età avanzata, non aveva abbandonato le redini del comando criminale.

Il ritorno al potere del “padrone di Gioia Tauro”

L’impostazione accusatoria riconosciuta dal GIP descrive Piromalli come colui che è “diventato quello che ha sempre detto: il padrone di Gioia Tauro”. Una supremazia resa possibile, secondo Musolino, da “una particolare mollezza del tessuto sociale di Gioia Tauro”, su cui si prenda consapevolezza, che non si vedeva l’ora che Pino Piromalli tornasse a comandare.

Il Procuratore aggiunto ha inoltre criticato la risposta istituzionale locale, definendo “anodino e prudente” il comunicato stampa emesso dal Comune di Gioia Tauro in seguito agli arresti. Le indagini hanno confermato l’esistenza di varie ‘ndrine all’interno del territorio, spesso in contrasto tra loro, ma tutte sottoposte all’influenza mediatrice dei Piromalli.

Il controllo criminale si estendeva dalle attività portuali, teatro di traffici internazionali di cocaina, fino al settore agricolo, in un sistema di potere che affonda le radici in decenni di supremazia territoriale.

Una dinastia criminale lunga sessant’anni

Giuseppe Piromalli rappresenta la terza generazione di una famiglia che ha segnato la storia criminale calabrese. Figlio di Antonio Piromalli e nipote dei più noti “don Mommo” e “don Peppino”, ha ereditato un impero costruito attraverso la sanguinosa faida degli anni ’60 e ’70 contro i rivali storici: i Tripodi e i loro alleati.

In quella guerra criminale, che si estese fino al Nord Italia, i Piromalli persero Antonio, padre di Pino, ma consolidarono la propria egemonia sulla Piana di Gioia Tauro. La vittoria permise loro di stringere alleanze strategiche con altre potenti cosche: i Pesce di Rosarno, i Mancuso di Limbadi e i De Stefano di Reggio Calabria.

Gli anni ’70 segnarono l’apice dell’influenza della famiglia, coincidendo con la costruzione del porto di Gioia Tauro. Gli espropri degli agrumeti pregiati e i lavori infrastrutturali rappresentarono affari miliardari, gestiti dai Piromalli con “equilibrio criminale”, permettendo alle cosche più importanti della provincia reggina di partecipare alla spartizione degli enormi profitti.

Dal carcere alla libertà: 22 anni di detenzione

La parabola criminale di Pino Piromalli subì una battuta d’arresto nel 1999, quando venne arrestato dopo sei anni di latitanza. L’operazione, condotta dai Carabinieri del ROS allora diretto da Mario Mori, lo sorprese in un’abitazione presso lo svincolo autostradale di Gioia Tauro. L’indagine era coordinata dall’attuale sostituto procuratore della Cassazione Alberto Cisterna, all’epoca in forza alla Procura antimafia reggina diretta da Salvo Boemi.

La condanna a 22 anni di reclusione sembrava aver chiuso definitivamente la carriera criminale del boss ottantenne. Tuttavia, la scarcerazione nel 2021 ha segnato un nuovo capitolo della sua storia. Il ritorno a Gioia Tauro coincise con la ripresa dei vecchi contatti criminali, nonostante le cautele adottate.

La Procura distrettuale antimafia di Reggio Calabria, oggi diretta da Giuseppe Borrelli, ha seguito ogni movimento, stringendo progressivamente il cerchio intorno alle presunte nuove attività criminali dell’anziano capo cosca.

Il bilancio dell’operazione: 26 in carcere, 46 indagati

L’operazione ha portato all’esecuzione di 26 misure cautelari in carcere e 4 arresti domiciliari, coinvolgendo complessivamente 46 persone. Insieme a Pino Piromalli sono finiti in manette figure di spicco dell’organizzazione, tra cui Gioacchino Piromalli (classe ’69, soprannominato “l’avvocato”), Rosario Bruzzese, Raoul Centenari e altri esponenti di primo piano della cosca.

Agli arresti domiciliari sono stati posti Antonio Piromalli (classe ’39), padre di Gioacchino e fratello di Giuseppe, insieme a Francesco Adornato, Nicola Callè e Michelangelo Timpani. L’ampio ventaglio di indagati testimonia la ramificazione e la complessità dell’organizzazione criminale che continuava a operare sul territorio.

Il colpo inferto alle cosche del territorio rappresenta un successo significativo nella lotta alla ‘ndrangheta, in particolare contro una delle famiglie più potenti e radicate della provincia reggina, che per decenni ha esercitato un controllo ferreo su uno dei principali scali portuali del Mezzogiorno.