Salute e Benessere

“Non possiamo più aspettare”: l’Europa unisce le forze contro l’Alzheimer

L’Alzheimer è la pandemia silenziosa del nuovo millennio. Mentre la malattia neurodegenerativa colpisce 32 milioni di persone nel mondo – cifra destinata a triplicare entro il 2050 – il tempo per agire si sta esaurendo. Da Milano arriva però un segnale chiaro: la comunità scientifica, politica e civile è pronta a rispondere unita.

Durante il convegno “Mind the Future”, organizzato dalla Fondazione per la sostenibilità sociale con il patrocinio della Società Italiana di Farmacologia e il supporto di realtà come Lilly Italia, GE Healthcare, Biogen, Siemens e Fujirebio, è stato siglato un Manifesto internazionale destinato a cambiare il paradigma della cura.

Il cuore del Manifesto: diagnosi precoce e accesso equo

La due giorni milanese, ospitata nel Palazzo della Regione Lombardia e all’Ospedale San Raffaele, ha riunito esperti da cinque Paesi (Bulgaria, Estonia, Paesi Bassi, Spagna e Ungheria), rappresentanti delle istituzioni e associazioni di pazienti. Obiettivo dichiarato: costruire una piattaforma politica multilaterale per preparare i sistemi sanitari all’arrivo delle nuove terapie.

Al centro del Manifesto, definito “una pietra miliare di cooperazione”, c’è la volontà di superare le barriere ancora esistenti nel percorso di cura: dalla diagnosi, spesso tardiva, fino all’accesso disomogeneo ai trattamenti innovativi.

Modelli integrati e personalizzati: la nuova frontiera

“Dobbiamo cambiare il rapporto tra individuo, società e malattia”, ha dichiarato Adele Patrini, presidente della Fondazione promotrice dell’evento. “Servono modelli innovativi basati su tre pilastri: multidisciplinarietà, personalizzazione e rete.”

La buona notizia è che terapie capaci di modificare il decorso dell’Alzheimer esistono già e sono state approvate in diversi Paesi. La cattiva è che l’accesso in Europa è ancora frammentato e soggetto a ritardi regolatori che compromettono le possibilità di cura. “Accelerare i tempi significherebbe offrire speranza a milioni di persone”, ha sottolineato il panel.

Tecnologia e formazione: i due motori della svolta

L’intelligenza artificiale è una delle grandi alleate del futuro nella lotta all’Alzheimer. “Può intercettare precocemente i segnali della malattia, prevederne l’evoluzione e personalizzare i trattamenti”, ha spiegato Alessandro Fermi, assessore regionale all’Università, Ricerca e Innovazione.

Ma la rivoluzione tecnologica da sola non basta. Il convegno ha evidenziato la necessità di rafforzare la medicina territoriale e di formare caregiver e operatori sanitari per affrontare il peso crescente dell’assistenza. In Italia, oltre il 50% dei familiari che si prendono cura dei malati sviluppa stress, ansia o depressione.

Una sanità che include: la sfida della dignità

“Serve una nuova cultura della comprensione”, ha detto con forza Angela Bradshaw, direttrice della ricerca per Alzheimer Europe. “Oggi i sistemi sanitari non sono pronti né a livello di risorse né di struttura. E lo stigma sociale che ancora circonda la demenza ritarda la richiesta di aiuto e l’accesso alla diagnosi.”

Da qui l’urgenza di una governance aggiornata e inclusiva, che sappia coniugare equità, dignità e innovazione, rendendo la demenza una vera priorità di salute pubblica.

Un’occasione storica: dalla cura all’azione

Per il professor Massimo Filippi, direttore di Neurologia all’Irccs San Raffaele, “abbiamo oggi strumenti diagnostici avanzati e terapie in grado di modificare la storia naturale della malattia. Non possiamo permetterci di perdere l’occasione di trasformare l’approccio all’Alzheimer: da assistenziale a terapeutico.”

Il Manifesto firmato a Milano è più di una dichiarazione d’intenti: è l’avvio di un percorso collettivo, che coinvolge scienza, politica e società civile per ridisegnare la gestione dell’Alzheimer, non più come destino ineluttabile, ma come sfida affrontabile.

E il messaggio lanciato da “Mind the Future” è inequivocabile: solo insieme possiamo costruire un futuro più giusto per le persone che convivono con questa malattia. Prima che sia troppo tardi.

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Redazione