Nuova grana per Renzi, Zanetti passa al partito di Verdini. Sinistra Pd: dimissioni

Nuova grana per Renzi, Zanetti passa al partito di Verdini. Sinistra Pd: dimissioni
15 luglio 2016

renziNel giorno in cui si voleva solo festeggiare il raggiungimento delle firme per il referendum (quota 600mila) e rivendicare il primo ok al ddl povertà, per Matteo Renzi scoppia una nuova grana: Enrico Zanetti dà vita ad un nuovo gruppo parlamentare alla Camera, insieme ai deputati di Denis Verdini. E la minoranza Pd scende subito sul sentiero di guerra: “Renzi ci ha sempre detto che Verdini restava fuori dalla maggioranza, ora la naturale conseguenza sono le dimissioni di Zanetti dal governo”, tuona Speranza. Un’escalation che nel pomeriggio di ieri in Transatlantico in pochi immaginavano. La costituzione di un soggetto di centro che riunisse pezzi dell’attuale maggioranza di governo e i verdiniani era nell’aria da settimane, ma tutti pensavano che il matrimonio si sarebbe celebrato solo tra un po’, probabilmente dopo l’estate. Tanto che dalla minoranza Pd – fino all’ufficializzazione del nuovo gruppo – si rispondeva con l’ironia: “Sembra un film di Dario Argento che Verdini entri al governo così…”.

Mentre Nico Stumpo ironizzava: “E come lo chiamerebbero il nuovo gruppo, dopo Ala? Coscia?”. E invece il nuovo gruppo nasce poche ore dopo, e si chiama Scelta Civica verso Cittadini per l’Italia. Ovvero il nome scelto per il nuovo soggetto di centro. I primi a chiedere le dimissioni di Zanetti sono i vecchi compagni di avventura di Scelta Civica che non hanno seguito il referendum. Poi si aggiunge Speranza. E la prima risposta a caldo dei renziani è secca: “Zanetti è stato scelto per le sue competenze e perchè era in grado di svolgere il suo lavoro. A quale gruppo parlamentare appartenga non importa”, replicano dal Nazareno. Per aggiungere ancora più esplicitamente: “Dovremmo cacciarlo perchè ha fatto un gruppo con chi al Senato pur non essendo indispensabile comunque agevola e di parecchio i lavori d’aula?”. E un altro dirigente Pd aggiunge: “La verità è che la presenza di Ala rende ininfluente le minacce della minoranza Pd in Senato. Prima era un continuo minacciare, ora le loro armi sono spuntate…”. Insomma, linea dura. Ma se come stabilizzatore dei numeri del Senato Verdini era stato ormai quasi digerito, la nuova collocazione rende tutto più difficile.

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Soprattutto in vista del referendum costituzionale del prossimo autunno. Prima che il gruppo parlamentare fosse ufficializzato, qualche renziano si lasciava scappare: “Speriamo non succeda prima del referendum…”. I più accorti invece evitavano ogni commento, consapevoli della reazione a catena che si sarebbe innescata. Lo stesso Renzi sarebbe stato informato dell’accelerazione solo in corso d’opera, ma gli uomini di Zanetti assicurano: “Non ci è stato chiesto di fermarci”. Né il segretario di Scelta Civica sembrava intenzionato a recedere dalla decisione di ritirare il simbolo e il nome al gruppo parlamentare, perché “ormai era un misto e non seguiva più le indicazioni neanche della maggioranza”. Anche dai verdiniani si attribuisce lo sprint alle dinamiche interne di Scelta Civica. Ma dalla minoranza Pd la lettura è tutta diversa: “C’è la regia di palazzo Chigi dietro l’ingresso di fatto di Verdini nel governo”. Una tensione destinata a salire quando anche al Senato verrà costituito il nuovo gruppo: “E’ il prossimo passo”, assicurano i centristi. Che della possibilità di dimissioni di Zanetti si fanno beffe: “E che fanno, cacciano il viceministro di un gruppo che ha venti senatori?”.

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