Offensiva turca contro Isis e Pkk, tutti i nodi tra Ankara e Usa

Offensiva turca contro Isis e Pkk, tutti i nodi tra Ankara e Usa
14 agosto 2015

Sono già trascorse tre settimane da quando il 24 luglio scorso Ankara e Washington hanno annunciato di aver raggiunto un accordo sull’apertura della base militare Incirlik in Turchia alle forze di coalizione anti-Stato islamico (Isis). Tuttavia, fin dall’inizio, le dichiarazioni rilasciate dalle autorità dei due Paesi sono state spesso discordanti, arrivando anche a contraddirsi a vicenda, sia per quanto riguarda i piani per istituire una “zona di sicurezza” che le operazioni per colpire l’Isis in Siria. Un segnale di due politiche che non risultano ancora in “accordo” per molti versi. Inoltre, la decisione da parte di Ankara di iniziare a bombardare gli accampamenti del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) situati nel Nord Iraq, nello stesso momento dell’apertura di Incirlik, pare aver preso di sorpresa anche gli alleati americani. Alcuni mezzi di stampa hanno riportato la notizia, affermando che i leader militari americani si sono addirittura “adirati” per il fatto di essere stati avvisati di un attacco aereo turco contro le postazioni del Pkk che sarebbe iniziato “nel giro di dieci minuti” con l’ingiunzione che “tutti i jet alleati in volo sopra l’Iraq si sarebbero dovuti spostare immediatamente a Sud di Mousul”. A un anno dall’inizio delle operazioni avviate dalla coalizione anti-Isis guidata dagli Stati Uniti e mirate a colpire le postazioni dello Stato islamico (ISIS) in Siria, la Turchia, consentendo l’utilizzo di Incirlik, data l’estrema vicinanza della base agli obiettivi militari, ha dato agli Usa un importante vantaggio strategico.

La decisione di Ankara è arrivata in seguito a un attacco kamikaze nel sudest turco – attribuito ad un presunto membro turco dell’Isis – che ha causato la morte di 32 persone, e l’uccisione, sempre da parte del gruppo jihadista, di un militare alla frontiera turco-siriana. Oltre ad aprire la base, la Turchia ha effettuato anche un primo attacco contro le postazioni dell’Isis in Siria, attacco che però non è stato coordinato con gli Usa o altre forze della coalizione, ma realizzato grazie ai dispacci forniti dall’intelligence turca. Questa è stata l’unica azione condotta finora da Ankara per colpire l’Isis, sebbene il ministro degli esteri Mevlut Cavusoglu abbia dichiarato che presto l’aviazione turca avrebbe partecipato in maniera attiva alle operazioni. L’attesa sarebbe dovuta alla richiesta degli USA alla Turchia di non realizzare attacchi “indipendenti”. Intanto, nella notte di ieri, è giunta la notizia delle prime operazioni statunitensi lanciati dalla base Incirlik contro l’Isis. Il ministro Cavusoglu ha tuttavia smentito l’operazione, dicendo che gli F-16 USA “hanno solo effettuato un volo di perlustrazione”. Resta da vedere quanto tempo sarà necessario attendere finchè i due Paesi non realizzeranno degli attacchi aerei congiunti. Un’altra domanda in sospeso riguarda la formazione di una “zona protetta” al confine turco-siriano che, secondo quanto comunicato in precedenza, dovrebbe estendersi dalla sponda occidentale dell’Eufrate fino ad Aleppo. Tale zona, che verrebbe pattugliata da “forze siriane moderate” addestrate e equipaggiate dalle forze di coalizione, terrebbe lontano i jihadisti dell’Isis, dando al contempo la possibilità ai profughi di trovare riparo.

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La richiesta di costituire una zona protetta, assieme a quella di istituire una no-fly zone su di essa, è stata avanzata da tempo da Ankara come condizione di un proprio intervento in Siria. Mentre però la zona interdetta al volo – data la necessità di un’approvazione da parte del Consiglio di sicurezza dell’Onu – sembra fuori questione, la “zona protetta” è vista da diversi analisti come una possibile concessione americana in cambio dell’apertura di Incirlik. Tuttavia, nemmeno in questo caso appare esserci una situazione ben definita. Uno dei punti di disaccordo risulta la figura delle milizie curde delle Forze di unità popolare (Ypg), braccio armato del Pyd che è a sua volta il “fratello” siriano del Pkk. Nelle intenzioni del governo turco la “zona protetta” dovrebbe essere “ripulita” sia dall’Isis che da Ypg/Pyd. Il Pyd, considerato da Ankara un’organizzazione terroristica al pari del Pkk, è stato finora tra gli alleati principali degli Usa nella lotta all’Isis sul campo. Di fatti, mentre il Pkk è altresì un’organizzazione terroristica per gli Stati Uniti, il Pyd/Ypg non lo è. E quando lo scorso 12 giugno l’Agenzia semistatale turca Anadolu ha diffuso la notizia di un “accordo raggiunto con gli Usa riguardo all’esclusione del Pyd dalla zona ripulita dall’Isis”, la smentita non si è fatta attendere e il portavoce del Dipartimento di Stato americano Mark Toner ha affermato di “non poter confermare un tale accordo”. Intanto, mentre il premier Ahmet Davutoglu non esclude nemmeno l’intervento delle truppe di terra “se viene attaccato l’interesse della Turchia” e il vice rappresentante del Dipartimento di Stato Brett McGurk si trova ad Ankara “per sviluppare al meglio con le autorità turche la collaborazione contro i terroristi dell’Isis”, la Turchia, pochi giorni dopo aver avviato gli attacchi al Pkk – e in misura molto minore – all’Isis, risulta avere raddoppiato le proprie attività di lobbying su Washington, assumento al proprio servizio un team di esperti per una lauta somma. Obiettivo: influenzare la posizione della Casa Bianca sui miliziani curdi.

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