Politica

Oggi riunione informale Stati Ue-Commissione. Alta tensione, ma è già un flop

Si svolgerà oggi pomeriggio a partire dalle 15, nel Berlaymont, il quartier generale della Commissione europea a Bruxelles, una riunione informale di 16 capi di Stato e di governo dell’Ue, per discutere della crisi migratoria e della riforma del sistema europeo d’asilo. Una riunione convocata da Jean-Claude Juncker, il capo dell’Esecutivo comunitario, e in assenza del presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk. Un’ora prima dell’inizio della riunione, il Berlaymont aprirà la sala stampa ai giornalisti accreditati, che potranno andare ad attendere i leader per raccoglierne le dichiarazioni del “doorstep” in entrata, a partire dalle 14.30, e all’uscita, dopo le 19. Non sono previste conferenze stampa né da parte dei capi di Stato e di governo, né da parte di Juncker e della Commissione. Il Berlaymont chiuderà alle 21.

Come aveva chiesto giovedì il presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte, non sono previsti neanche documenti con le conclusioni della riunione. Vi sarà solo, a porte chiuse, una sorta di sintesi orale di Juncker al termine della discussione sui principali punti trattati. Conte aveva minacciato di non partecipare se, come tutto lasciava apparire, la riunione fosse stata convocata solo per ratificare “un testo già preconfezionato” (come il premier ha scritto su Facebook): quella bozza che era trapelata sulla stampa giovedì scorso e che non tentava neanche di sbloccare lo stallo nel negoziato sulla riforma del regolamento di Dublino sull’asilo, il principale problema oggi sul tavolo. Ma che era tutta focalizzata invece sulla principale preoccupazione del governo tedesco: il contrasto ai “movimenti secondari” dei migranti (ridurre gli arrivi e i movimenti illegali tra i paesi, controllare i viaggi in uscita alle stazioni di treni, bus e aeroporti, potenziare l’agenzia Frontex trasformandola in una vera e propria polizia di frontiera).

Proprio l’assenza di Tusk e la convocazione da parte del presidente della Commissione provano quanto irrituale e problematica sia la riunione di questo “mini vertice” informale dell’Ue, dedicata al principale soggetto in discussione al prossimo Consiglio europeo, ossia il vertice formale dei capi di Stato e di governo al completo, che si svolgerà solo pochi giorni dopo, il 28 e 29 giugno, sempre a Bruxelles. Il mini vertice informale era stato richiesto originariamente dalla cancelliera tedesca Angela Merkel a Tusk, in modo da cercare tempestivamente delle soluzioni proprio riguardo al problema dei “movimenti secondari” dei migranti, il punto sul quale il governo tedesco richia di cadere (il ministro dell’Interno della Csu, Horst Seehofer, ha minacciato la crisi se non gli lasceranno mano libera nel respingere sistematicamente alle frontiere i richiedenti asilo che cercano di entrare in Germania dagli altri paesi membri).

L’idea, all’inizio, era quella di convocare solo i grandi paesi (senza il Regno Unito), ovvero Italia, Francia e Spagna, oltre alla Germania, più la Bulgaria e l’Austria (rispettivamente la presidenza di turno uscente del Consiglio Ue e quella entrante). Le soluzioni eventualmente concordate dalla riunione informale sarebbero state poi sottoposte al Consiglio europeo di fine mese per cercare di ottenerne l’accordo e formalizzarle. Questo, almeno, sembrava il disegno originario. Quando Tusk si è opposto alla richiesta, temendo che apparisse un po’ troppo chiara la forzatura tedesca sull’agenda dei leader, la Merkel si è rivolta a Juncker, che ha accettato di presiedere la riunione e di mandare lui gli inviti, ma allargandoli a tutti i capi di Stato e di governo interessati a partecipare. La protesta dell’Italia e l’allargamento del numero di partecipanti (ora ci saranno anche Belgio, Olanda, Grecia, Malta, Croazia, Slovenia, Danimarca, Finlandia, Svezia e Lussemburgo) sembrano aver rimesso in discussione l’impianto stesso della riunione, che potrebbe essere riorientata più sulla priorità della riforma di Dublino e meno sui problemi interni della Merkel.

Dopo aver incontrato Tusk a Roma giovedì, Conte ha fatto un’affermazione significativa su Twitter: il governo, ha scritto, “non e’ disponibile a discutere dei ‘secondary movements’ senza prima aver affrontato l’emergenza dei ‘primary movements’ che l’Italia si ritrova ad affrontare da sola”, ovvero della riforma del sistema di Dublino che lascia al paese di primo approdo tutto l’onere di occuparsi dei richiedenti asilo. Bisognerà vedere se l’asse franco-tedesco, che in un tempo ormai lontano era il propulsore delle decisioni dei capi di Stato e di governo nell’interesse generale dell’Ue, non funzioni anche questa volta contro l’Italia e gli altri paesi mediterranei, in prima linea sulle rotte dei migranti. Le parole del presidente Emmanuel Macron, pronunciate dopo il recente vertice bilaterale con la Merkel, sembrano certo più in sintonia con la Germania e i nordeuropei che non con i paesi mediterranei. Bisogna che i migranti “registrati nel primo paese della zona Schengen possano essere ripresi il piu’ presto possibile nel paese in cui sono stati registrati”, ha sentenziato infatti il presidente francese.

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