Cronaca

Omicidio Regeni, la pista di Cambridge. Ambasciatore italiano: tutor nasconde qualcosa

Giallo sempre più fitto sull’omicidio di Giulio Regeni, commesso in Egitto, al Cairo, tra il gennaio e il febbraio 2016. Regeni era un dottorando italiano dell’Università di Cambridge, rapito il 25 gennaio 2016, giorno del quinto anniversario delle proteste di piazza Tahrir. Il suo corpo fu ritrovato senza vita il 3 febbraio successivo, nelle vicinanze di una prigione dei servizi segreti egiziani. Ed è proprio da Londra che si apre la pista di Cambridge che vede protagonista l’enigmatica dottoressa Maha Abdel Rahman, la professoressa di orgine egiziana che aveva il compito di supervisionare il lavoro di Regeni. Sull’uccisione del ricercatore italiano, la procura di Roma sta cercando di fare piena luce, e con la quale la professoressa dice di voler “collaborare” ma “svicola sempre”, dice l’ambasciatore d’Italia a Londra, Pasquale Terracciano, secondo cui “è evidente che nasconde qualcosa”. “Quando in un primo momento è stata avvicinata in maniera informale dagli inquirenti italiani – ricostruisce l`ambasciatore al Corriere – la Abdel Rahman si è sottratta, dicendo che avrebbe collaborato ma seguendo le vie ufficiali”. Poi, la professoressa è scomparsa praticamente per un anno, “non per un sabbatico”, precisa Terracciano, “ma perché caduta in depressione, probabilmente provata dalla vicenda”. Ora la tutor di Regeni è tornata all’università di Cambridge e si è trovata di fronte alla rogatoria trasmessa dai magistrati italiani alle autorità britanniche. Ma la professoressa continua a comportarsi in maniera elusiva: “Adesso dice che sarebbe pronta a collaborare, ma in maniera informale e confidenziale”, racconta l`ambasciatore.

“Ma questo non è più possibile perché siamo di fronte a una procedura giudiziaria. La professoressa continua a impiegare tecniche per svicolare: è come se uno dicesse che vuole giocare a tennis quando si gioca al calcio e poi quando si decide di passare al tennis dice che vuole rigiocare al calcio. Qualcosa non va”. Secondo l`ambasciatore sarebbero sostanzialmente due le ipotesi: “È evidente che la Abdel Rahman nasconde qualcosa. Secondo fonti diplomatiche egiziane sarebbe legata ai Fratelli Musulmani”, commentata. E in questo scenario “Regeni sarebbe stato lanciato in un giro di attivisti e implicato in attività anti-regime”. L`altro elemento da considerare è che “la professoressa ha famiglia e parenti al Cairo e potrebbe temere ritorsioni”. Ciò a cui il nostro ambasciatore non sembra dare molto credito è invece lo scenario che vede implicati i servizi segreti. “È vero che Cambridge è un bacino di reclutamento” degli 007, ammette Terracciano, ma se questa ipotesi fosse vera “vorrebbe dire che sono messi veramente male: non hanno davvero bisogno di impiegare uno studente con poca esperienza per raccogliere quelle informazioni. Non sembra una pista credibile. E se lo fosse, in questo caso non lo scopriremmo mai”.

Un’inchiesta e documenti inediti – conversazioni Skype ed email – documentano che la professoressa Maha Abdel Rahman, ha mentito su alcune delle circostanze chiave relative al suo rapporto accademico con il ricercatore italiano, sull’oggetto della ricerca e sulla scelta del docente che lo avrebbe accompagnato nella sua ricerca partecipata in Egitto. Un sospetto anima gli inquirenti: qualcuno a Cambridge forse ha fatto un percorso simile a quello di Giulio Regeni, ma è riuscito a uscire vivo dal Cairo e dall’Egitto. I magistrati, in pratica, ritengono che altri studenti e ricercatori potrebbero aver compiuto gli stessi studi sull’area del dissenso nel paese nordafricano. E, quindi, ci sarebbero tracce non ancora esplorate del tutto nella vicenda che ha portato il 3 febbraio 2016 a rapire, torturare e uccidere Giulio. Il pm Sergio Colaiocco, d’intesa con il procuratore capo Giuseppe Pignatone, chiede di ascoltare nuovamente la professoressa Maha Abdel Raman, la docente di Cambridge che seguiva come tutor Giulio nel suo dottorato. Nella rogatoria si sottolinea in più punti il ruolo svolto dallo storico ateneo britannico. Per questo si ritiene corretto di identificare tutti gli studenti, e quindi ascoltarli in presenza di un nostro magistrato o di ufficiali del Ros. L’obiettivo è comprendere se la vicenda di Giulio ha seguito un solco a cui hanno partecipato anche altri studenti, sotto il controllo della professoressa.

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