Onu, si vota per seggi non-permanenti. Roma in pole position

Onu, si vota per seggi non-permanenti. Roma in pole position
26 giugno 2016

Pace, migrazioni, diritti umani, cambiamento climatico, antiterrorismo, uguaglianza di genere. Sono questi i temi dell’agenda con cui l’Italia si e’ candidata alla conquista di un seggio non permanente nel Consiglio di sicurezza dell’Onu per il biennio 2017-18, per il quale martedi’ 28 giugno e’ atteso il voto al Palazzo di Vetro. Confidando con orgoglio nella posizione di “unico candidato del Mediterraneo”, Roma sembra aver guadagnato la pole position rispetto alle concorrenti, Olanda e Svezia, ma l’esito negativo del voto di un anno fa quando sembrava che la penisola dovesse spuntarla, ha convinto la diplomazia a tenere un basso profilo fino al momento del voto, senza rinunciare a lavorare sottotraccia nella ricerca delle alleanza giuste e veicolando all’esterno, anche attraverso social come Twitter, i temi portanti dell’impegno italiano nell’Onu e attraverso l’Onu. Roma, che dal 2008 non ha un posto nel Consiglio di sicurezza, si candida giocando una carta importante rispetto ad altri paesi: “L’Italia -afferma il manifesto della candidatura sul sito della rappresentanza all’Onu- e’ il maggior contributore occidentale alle missioni di peacekeeping”. Lo riconobbe, fa notare la rappresentanza Onu guidata dall’ambasciatore Sebastiano Cardi, lo stesso Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, nell’ottobre del 2015.

Unifil in Libano vede la presenza, tra i contingenti di pace, del maggior numero di soldati italiani, e ha indicato un “modello” di peacekeeping concentrato su un “approccio civile-militare che pone in prima linea i problemi umanitari, il rafforzamento dell’autogoverno locale, la riconciliazione e la ricerca di soluzioni politiche”. L’impegno nel peacekeeping si inserisce in un contesto di ricerca della pace e della sicurezza internazionale, che vede Roma “geograficamente in prima linea” nell’emergenza causata dall’estremismo e dalla radicalizzazione e l’ha spinta a impegnarsi nella lotta all’Isis. “Noi crediamo -afferma la diplomazia italiana- che il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale richieda che i diversi organismi delle Nazioni Unite affrontino i temi all’ordine del giorno, tra cui il cambiamento climatico, l’emergenza profughi e quella legata ai flussi di migranti, la distruzione del patrimonio culturale, il terrorismo internazionale”.  Lo “sviluppo sostenibile” occupa una buona parte del manifesto italiano per la candidatura al seggio non permanente.

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Sono tre le aree in cui Roma afferma un “forte impegno”, cosi’ come e’ stato tracciato da Agenda 2030: la battaglia riguardante il cambiamento climatico, la sicurezza alimentare (elemento fondante del successo di Expo), l’aiuto allo sviluppo, che nel 2015 e’ divenuto un punto cruciale per la Farnesina con l’aumento del 40% degli stanziamenti italiani attraverso progetti bilaterali e multilaterali. Infine, i diritti umani e l’eguaglianza di genere, a partire dalla lotta contro la prassi delle mutilazioni genitali femminili: “Siamo orgogliosi di essere in prima linea su questo fronte”, ha detto di recente il capo della Farnesina, Paolo Gentiloni. C’e’, infine, un punto su cui Roma scommette: il soccorso e l’assistenza ai migranti che arrivano sulle coste europee. Tra gennaio e aprile 2016 l’Italia “ha salvato oltre 25.000 persone in mare e condotto il 65% di operazioni di soccorso nel Mediterraneo. Nello stesso periodo non ce l’hanno fatta 851 persone, che hanno perso la vita nei viaggi”. L’Italia, che si e’ guadagnata l’elogio delle Nazioni Unite per il “Migration Compact” proposto all’Ue, “tiene fermi nel proprio comportamento i valori umanitari soccorrendo i migranti e i rifugiati in mare”. Solo questo’, forse, vale gia’ un seggio nell’organo esecutivo del Palazzo di Vetro.

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